Integralisti o integri?

Siamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo!” Quante volte abbiamo sentito e/o abbiamo pronunciato noi stessi questa frase? Ben sappiamo il significato di queste parole. Gli uomini e le donne di Dio sono in questo mondo, ma separati da esso ed appartati per un servizio al Signore. Questa è la condizione per la nostra cristiana permanenza terrena: consacrazione e santificazione.

Il Signore ci ha salvati per un duplice scopo: per darGli gloria attraverso la nostra buona testimonianza ed il nostro servizio, e per farci godere dell’eternità con Lui. In realtà questi due scopi, non sono altro che due aspetti del piano di redenzione di Dio per noi: azione e reazione. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo unigenito Figlio (azione), affinché chiunque creda in Lui non perisca, ma abbia vita eterna (reazione).” (Giovanni 3:16). Dio desidera ripristinare la relazione con noi, interrotta dal peccato, e desidera essere in una sorta di attività con noi. Il coro di un cantico che amo particolarmente, recita in questo modo: “Mentre lo Spirito scende nel cuor, io mi consacro, mi arrendo a te Signor”. L’attività, per funzionare, deve essere binaria: una parte la esercita Dio (lo Spirito scende), una parte è a carico nostro (mi consacro). Sebbene le parti non si possano invertire, sono assolutamente ambedue necessarie. Per meglio dire strettamente connesse ed interdipendenti: se lo Spirito non scende, non ci possiamo consacrare.  Molti sono i personaggi biblici che ci possono insegnare come servire il Signore attraverso il loro esempio di consacrazione e santificazione: Noè, Abrahamo, Giuseppe, Daniele. Di Noè, il Signore stesso disse: “… ho visto che sei giusto davanti a me in questa generazione.” (Genesi 7:1) ed ancora è scritto: “Noè fece tutto quello che il Signore gli aveva comandato” (Genesi 7:5). Tutti conosciamo l’ubbidienza incondizionata di Abrahamo: “Abrahamo stese la mano, prese il coltello per scannare suo figlio” (Genesi 22:10). E che dire di Giuseppe, che seppe fedelmente attendere i tempi di Dio, affinché il male fosse trasformato in bene? “Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita” (Genesi 45:5). Potremmo mai somigliare all’integro Daniele ed ai suoi tre amici? “Ma il nostro Dio che noi serviamo, ha il potere di salvarci e ci libererà dal fuoco della fornace ardente e dalla tua mano o re. Anche se questo non accadesse, sappi, o re, che comunque noi non serviremo i tuoi dei e non adoreremo la statua d’oro che tu hai fatto erigere.” (Daniele 3:17-18), “Daniele, uno dei deportati dalla Giudea, non tiene in nessun conto né te, né il divieto che tu hai firmato, o re, ma prega il suo Dio tre volte al giorno” (Daniele 6:13). Personaggi e storie diverse tra loro, certamente, ma ciò che accomuna tutti questi uomini è l’intima comunione che ognuno di loro aveva con Dio e la fede incondizionata che in Lui ognuno di loro aveva riposto. Non sono considerati alla stregua di fanatici integralisti, eroi pronti a morire o a uccidere per una giusta causa, bensì integri uomini di Dio che hanno saputo arrendersi totalmente al Signore ed avere in Lui la vittoria. Questo è l’unico motivo per il quale, dopo migliaia di anni, ancora si parla di loro. E di noi, qualcuno parlerà fra cent’anni? E come?

Alessandra Protti

Lascia un commento