Egli fa i conti con l’oste!

Lettura da Luca 10:30-35

Quante volte abbiamo sentito parlare del buon samaritano? L’ultima volta per me, in ordine di tempo, è stata domenica 16 febbraio 2014, al culto di battesimi a Senago. E’ stata un’occasione per ricevere nuovi spunti di riflessione. Il Fr. Bruno Galati, mi ha accompagnato lungo la via che da Gerusalemme porta a Gerico, e mi ha messo a parte di una porzione di nuova conoscenza. Ho imparato che Gerusalemme, la città santa posta in alto, è a 780 mt sul livello del mare e che Gerico, città di maledizione, posta in basso, è a 380 mt sotto il livello del mare, e che questa strada, figura della via della perdizione, termina nel Mar Morto (la simbologia in questo caso è del tutto superflua!). Che il viandante è figura del peccatore, il quale sulla via della perdizione, fa brutti incontri che lo lasciano a terra, mezzo morto.

Che il sacerdote ed il levita sono figure dei religiosi tradizionalisti, il cui comportamento pregiudica la loro reputazione. Che il viandante giudeo, se non fosse stato mezzo morto, non avrebbe mai accettato l’aiuto di un samaritano, cosi come noi, se non fossimo stati senza più alcuna speranza, non avremmo accettato il Salvatore.  Che il buon samaritano è figura di Cristo. Che il vino, con cui disinfetta le ferite, è figura del sangue di Cristo, che purifica dal peccato. Che l’olio, con cui lenisce le ferite, è figura dello Spirito Santo, che da potenza spirituale. Che l’aver fatto salire il ferito sulla propria cavalcatura, mi ricorda che Gesù ha rinunciato al Suo posto in cielo per un tempo, affinché io potessi avere il mio posto in cielo per l’eternità. Ma quello che più mi ha colpito è stata la faccenda dell’oste e della locanda. E non solo perché lavorando in albergo, sono particolarmente sensibile all’argomento. Sapevo che l’oste era la figura di Dio Padre e che la locanda simboleggiava il Regno dei Cieli. Ma in quest’occasione, essendo la predicazione tagliata per i battezzandi, il Fr. Galati ha proposto un’altra chiave di lettura: la locanda come figura della Chiesa e l’oste come figura della fratellanza, a cui Cristo (il buon samaritano) affida una nuova anima (il ferito) per portarlo a maturità e santificazione (completa guarigione), consegnando all’ oste (fratellanza), due soldi, invero l’equipaggiamento spirituale (ministeri e doni) per portare a guarigione (compimento dell’opera). Così come l’oste ha riguardo di un ospite per il quale qualcuno ha già pagato, la fratellanza ha riguardo delle nuove anime che le sono affidate. Così come il buon samaritano informa che al suo ritorno farà i conti con l’oste, al Suo ritorno Gesù verrà a prendere la Sua Chiesa. Glab! Mi sono sentita presa in causa! Che tipo di oste sono? Mi sono ritrovata piccola, dopo aver fatto una marachella, col pensiero che la mamma mi dicesse: “Quando torno, facciamo i conti!” Ahi, ahi! Ed ho pensato che Gesù fa le cose per bene, perciò non fa i conti senza l’oste! Bensì con l’oste! E l’oste sono io! Guai a me se Gli darò motivo di dirmi: “Oste della mal’ora!” Devo assolutamente fare in modo che mi dica, quando tornerà: “Bene hai fatto fedele servitore, entra nella casa del tuo Signore!”

Iddio ci aiuti a camminare sulla via della santificazione da Gerico a Gerusalemme!

“Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella. Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.” (Filippesi 3:15-16)

Alessandra Protti

Lascia un commento