Filippesi – 12) Concreta dimostrazione d’affetto

Lettura da Filippesi 4:10-23

Ancora una volta assistiamo ad una “invidiabile gara di affetto” condiviso tra l’Apostolo e i suoi fratelli in Filippi. In questo ultimo brano la stima, il rispetto e la sensibilità reciproche raggiungeranno l’apoteosi di questo sentimento di vivo attaccamento che deve incitare la Chiesa moderna ad imitare. Da una parte si evidenzia il sostegno, la cura, l’attenzione che una chiesa deve prestare a favore dei propri ministri, e dall’altra il sentimento di un padre che, consapevole delle difficoltà dei suoi “figli”, tende a non aggravarne la situazione. Prima di tutto, dobbiamo ricordarci della situazione dell’Apostolo. E’ in stato di semi libertà e, benché avesse ampio spazio di movimento, non è in grado di auto sostenersi economicamente.

Filippesi – 11) Atteggiamenti salutari

Lettura da Filippesi 4:4-9

FonteGli argomenti che stavano a cuore per i suoi “figli” si sono esauriti. Il loro spirito era stato cibato, nutrito. Ora l’Apostolo vuole, in poche ma significativi principi, incoraggiare l’anima, elevarla alla sublime altezza dello Spirito per una vita quotidiana, pratica, di valore. Egli suggerisce tre atteggiamenti che ogni cristiano dovrebbe osservare: Rallegrarsi, non essere ansiosi, purificare i pensieri della mente. L’Apostolo rievoca l’esortazione (cap. 3:1) di rallegrarsi, gioire, compiacersi e godere della vita che Dio ci offre, come un dono prezioso da apprezzare. L’allegrezza è una delle caratteristiche del comportamento quotidiano del Cristiano.

Filippesi – 10) In difesa dell’armonia della Chiesa

Lettura da Filippesi 4:1-3

L’Apostolo è consapevole di aver usato termini alquanto rigidi; è stato necessario al fine di sensibilizzare l’attenzione dei suoi lettori per la difesa della loro anima dagli attacchi di spiriti seduttori. Ora, però, la sua sensibilità di pastore lo spinge ad attenuare la tensione e ritorna a rassicurarli. Riprende il tono confidenziale, amorevole e si rivolge ai suoi lettori chiamandoli fratelli cari, desideratissimi, allegrezza e corona … diletti”. Dovremmo soffermarci e approfondire ogni termine, capirne la profondità dei sentimenti, l’empatia, l’importanza che rappresentano i fratelli in Cristo per il cuore dell’Apostolo. Ci basta cogliere, in questa sede, l’esempio di stima e di amore che dovrebbero caratterizzare coloro che condividono la stessa fede. Quale “profumo” sentimentale, emotivo, delicato e gradevole emana il termine “corona mia”. Spesse volte si tende a enfatizzare gli aspetti negativi dei fratelli, le loro cadute, i difetti, il carattere non ancora arreso, la poca spiritualità, le debolezze.

Filippesi – 09) Verso la meta

Lettura da Filippesi 3:12-21

Abbiamo concluso il P6_fatetuttoquelchevidira_pprecedente studio con il versetto undici che ci introduce all’argomento di questa meditazione. L’Apostolo ha abilmente tessuto la sua maglia con l’obiettivo di condurre i suoi lettori alla mèta finale: La resurrezione dei morti e la vita eterna con Dio.
Non importa a cosa bisogna rinunci
are, sostiene l’Apostolo, l’obiettivo rimane fermo nel suo cuore affinché la sua corsa non debba risultare vana (II Timoteo 4:7; Filippesi 2:16). Per alcuni, il termine “rinuncia” potrebbe avere un gusto amaro, difficile da accettare. rficiale e perniciosa spiritualità; non avrebbero dovuto nemmeno far notare gli effetti del loro digiuno religioso per meritarsi una presunta retribuzione terrena. Il Signore è e sarà il rimuneratore di coloro che sperano in Lui, che si affaticano per il progresso dell’Evangelo, nella misura delle proprie fatiche (Matteo 10:41). fine di guadagnarsi il premio (1 Corinzi 9:27). Commettono un grave errore quei religiosi che sostengono la dottrina della sofferenza come mezzo per guadagnarsi il Cielo.(V. 13 e 14).

Filippesi – 08) L’orgoglio del credente

Lettura da Filippesi 3:4-11

Parole dure, severe, contro chi minaccia la sana dottrina e l’armonia spirituale della chiesa. Farebbero bene i ministri a prendere risolutamente posizione nei confronti di chi “semina zizzanie” e introduce furbescamente il lievito che fa lievitare tutta la pasta. Scrivendo alla chiesa di Corinto che tollerava un tal “peccato che non si trovava nemmeno tra i Gentili”, coinvolgeva, soprattutto, il conduttore che aveva, e doveva, avere l’autorità di sradicare tale peccato. Il peccato nella chiesa si intrufola con eleganza. aveva realizzato il bene più grande che un uomo possa desiderare: Cristo Gesù. 1-2)? Grande responsabilità è demandata alla chiesa, detentrice della verità, presentare il messaggio della riconciliazione a Dio ai reprobi penitenti (II Corinzi 5:17-20). Nel verso 8, l’Apostolo dichiara di aver rinunciato a tali diritti al fine di realizzare la conoscenza di Cristo Gesù. Ad alcuni può sembrare un atto di estrema sofferenza, ma per Paolo non significava aver perso qualcosa ma piuttosto aver guadagnato un tesoro inestimabile di gran lunga più prezioso di qualsiasi altro bene terreno. Il cristiano farebbe bene a non concentrare la propria attenzione su ciò che apparentemente lascia, ma piuttosto su ciò che consegue aver accettato Gesù come personale Salvatore.
Questo pensiero ci introduce alla sublime speranza che sostiene ogni sincero credente: La resurrezione dei morti.
Mai in modo palese ma circondato da un alone di legittimità e di perbenismo, spesse volte accompagnato dalla “buona fede” e da apparenti buone intenzioni.