L’amore paziente di Dio

piedini

dalla predicazione del 17 Gennaio 2010

Lettura da Esodo 8:1-15

Ad una prima lettura, la domanda che, subitanea, ci viene alla mente è: “Perché Dio tollera il comportamento di Faraone? Perché non lo costringe ad accettare subito le proprie condizioni per la liberazione del popolo d’Israele?” Perché Dio è Creatore e nel Suo cuore non c’è l’idea di distruggere; per questo offre a Faraone per ben dieci volte la possibilità di ravvedersi. Dio non è dunque in ritardo, bensì esercita la pazienza. Noi attendiamo il Suo ritorno, tuttavia Egli ci prolunga l’attesa, in quanto è Suo desiderio che l’Evangelo sia promulgato per invitare tutto il mondo a ravvedimento. Dobbiamo prendere esempio dalla pazienza di Dio e cercare di farla nostra: è buono dunque mostrare tolleranza verso il peccatore, pur tuttavia non collaborare con lui nel peccato. Dobbiamo combattere lo spirito di peccato e non condannare il peccatore. Non meno importante è il tono con il quale ci rivolgiamo ai fratelli e più in generale al nostro prossimo. 

Paolo spiega al giovane Timoteo come deve condursi il servo di Dio: “Ma schiva le questioni stolte e scempie, sapendo che generano contese. Or il servitore del Signore non deve contendere, ma deve essere mite verso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono, se mai avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità; in guisa che, tornati in sé, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà” (2° Timoteo 2:23-26). Se da un lato il tono deve necessariamente essere mite, dall’altro è indispensabile che sia fermo: la verità, infatti, è autorevole per se stessa. Il verso 7 “E i magi fecero lo stesso con le loro arti occulte, e fecero salire le rane sul paese d’Egitto” ci mostra un altro aspetto: i maghi di Faraone ebbero la capacità di far salire le rane, ma non di scacciarle. Anche al nemico, dunque, è stata data una certa capacità che, però è limitata; infatti, se il diavolo è potente, Iddio è onnipotente! Poniamo pertanto attenzione ai falsi spiriti che, come emissari satanici, conoscono il passato, parzialmente il presente e non conoscono assolutamente il futuro. E’ necessario, quindi, che “siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” (I° Pietro 5:8). E’ altresì rassicurante e consolatorio, il ben comprendere che l’uomo, nato di nuovo, figlio di Dio, suggellato ed immerso nello Spirito Santo, salvo che non rigetti il Signore, può essere oppresso, ma non posseduto dal diavolo:“Sottomettevi dunque a Dio, resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi” (Giacomo 4:7). Il verso 8: “Allora Faraone chiamò Mosé ed Aaronne e disse loro: ‘Pregate l’Eterno che allontani le rane da me e dal mio popolo, e io lascerò andare il popolo, perché offra sacrifici all’Eterno'”, ci presenta la figura di colui che va al Signore solo per bisogni. Noi tutti, o per lo meno, la stragrande maggioranza dei credenti si è avvicinata a Dio per una necessità: di una guarigione fisica o psichica, di soluzione ad un problema familiare o finanziario, di liberazione da una dipendenza, di riempire un vuoto apparentemente incolmabile… Talvolta, in seguito, alcuni credenti si volgono al Signore, non sentendosi adeguati, per paura: quando siamo nell’afflizione, infatti, ci chiediamo cosa mai abbiamo fatto di male e temiamo chissà quali ritorsioni, castighi e punizioni “divine”. Altri ancora vanno a Lui per convenienza ed interesse, nell’effimera illusione di essere, così automaticamente, al riparo da situazioni difficili, per il solo fatto di avere il “tesserino di riconoscimento” del Cristiano. Tutti questi esempi mostrano un cristianesimo superficiale, che si raffredda o addirittura si esaurisce una volta “passata l’emergenza”. Faraone, infatti, chiede a Mosè di pregare Dio per convenienza e, pur sapendo di essere in torto, una volta “morte le rane”, ritratta il “lasciapassare” al popolo d’Israele (v.15). Nondimeno leggiamo in Matteo 6:31-33 “Non siate dunque in ansietà, dicendo: “Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo?”. Poiché sono i pagani quelli che cercano tutte queste cose, il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose. Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte.” Ed ancora “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa. Vi è tra voi qualche uomo che, se suo figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a coloro che gliele chiedono” (Matteo 7: 11). Noi dunque sappiamo che Dio provvede ai Suoi, ma provvede, secondo il Suo giusto giudizio, ciò che “è buono”, che non necessariamente è ciò che “è desiderato”. Un efficace esempio chiarificatore: solitamente un cane è ben contento di rosicchiare un osso e cercare di toglierglielo dalle fauci non è impresa affatto semplice; ma se in cambio gli viene offerta una succulenta bistecca…? Non vogliamo essere irriverenti, ma possiamo ben comprendere che, talvolta, conformandoci alla volontà di Dio, siamo chiamati ad una rinuncia nell’immediato, per ottenere ben maggiori benefici in futuro: invero, dietro ad un uomo grandemente benedetto, c’è sempre una vita di costante ubbidienza. Un cristianesimo maturo si dimostra nell’andare al Signore per amore. Se siamo afflitti dobbiamo immergerci nell’amore perfetto di Dio, perché chi ama non teme: “Nell’amore non c’è paura, anzi l’amore perfetto caccia via la paura” (I° Giovanni 4:18). Gesù ha sconfitto la paura, uscendo vittorioso dal Getsemani, in virtù dell’amore di Dio: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice, tuttavia non come io voglio, ma come tu vuoi” (Matteo 26:39). Mettiamo dunque a confronto il modello perfetto di Gesù con la figura di Faraone e analizziamo la nostra vita: se c’è qualcosa che non va, non auto accusiamoci solamente, il diavolo, infatti, vuole abbatterci, ma c’è sempre speranza al Calvario di Cristo. Riconosciamo il nostro peccato e ritorniamo al Signore in preghiera, poiché: “se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore” (I° Giovanni 3:20).

Pastore Raffaele Lucano

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