Filippesi – 03) Lo scopo sublime del cristiano

Lettura da Filippesi 1:12-26

Alcuni credenti dissenzienti, approfittando della prigionia dell’Apostolo, iniziarono a predicare l’Evangelo allo scopo di procurargli afflizione. Persone che credevano in Cristo ma che usavano il Suo nome come pretesto per innalzare se stessi. Quante religioni, oggi, parlano e predicano Cristo con scopi diversi, sottraendo l’attenzione dal vero e sublime scopo della predicazione: la persona di Cristo. L’Apostolo non subì alcun effetto negativo perché aveva realizzato profondamente l’esperienza della nuova nascita Romani 6:4. E’ interessante notare con quale discrezione Paolo parla di queste persone. Non usa parole offensive e neppure traspaiono sentimenti di rancore e di vendetta. In modo inequivocabile li dichiara predicatori con “spirito di parte”. Quante situazioni simili accadono nelle chiese moderne. Predicazioni, testimonianze, concetti e filosofie umane annunciate con “spirito di parte”. Dio ci aiuti a mantenere lo Spirito di verità e saper riconoscere questi operatori d’iniquità che vorrebbero “cagionare afflizione” alla chiesa di Dio. Sebbene queste difficoltà, l’Apostolo gioiva, poiché l’Evangelo era comunque annunciato v. 18 Che importa? Comunque sia, o per pretesto o in sincerità, Cristo è annunziato; e io di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora. Il brano che analizzeremo, ci presenta una figura di cristiano che vive al centro della volontà di Dio.

Ogni cosa coopera al progresso dell’Evangelo (v. 12)

Alcune domande sorgono spontanee nel leggere questo episodio. La prima è:”Cosa ci fa un cristiano in carcere?” Tutti noi sappiamo che la giustizia umana è fallace e non sempre “giusta”. Lo dimostra il fatto che nelle prigioni (e non solo quelle italiane) sono detenute decine e decine di persone innocenti, vittime d’errori giudiziali e/o di circostanze che le hanno viste coinvolte indirettamente in reati non commessi. Vero è che raramente un condannato ammette di aver meritato la pena. Cerca giustificazioni per eludere le proprie responsabilità e scarica la colpa su qualcun altro, persino del destino avverso. L’apostolo Paolo non era agli arresti domiciliari per un errore giudiziario e nemmeno cercava alibi o invocava un qualsivoglia cavillo di codice penale per sottrarsi al suo destino. Egli era a Roma, residenza coatta, per Cristo, a seguito di false testimonianze di alcuni Giudei provenienti dall’Asia che fecero apparire l’Apostolo come un malfattore e sovversivo Atti 21:27-28.Sappiamo che il male ha dichiarato guerra al bene. Satana ha sfidato Dio, pur sapendo di non avere alcuna possibilità di vittoria. Consapevole di ciò ha dirottato le sue diaboliche attenzioni sulla creazione, in particolare verso l’uomo, la Sua creatura per eccellenza. Il diavolo è colui che genera il male e che vorrebbe soggiogare anche il cristiano. Per questo motivo, a volte, ci troviamo nella sofferenza. Non possiamo evitare certe circostanze se Dio le permette. Gesù ha avvisato i suoi: Luca 21:12. Persino a Pietro non nascose quanto avrebbe dovuto sopportare per amore Suo Luca 22:31 Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano, ma immediatamente lo rassicura del Suo intervento Luca 22:32-33 …ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli. Ma egli gli disse: Signore, con te son pronto ad andare e in prigione e alla morte. A questo punto un’altra domanda si fa strada nella nostra mente che potrebbe lasciarci alquanto perplessi:”Perché Dio permette una tale sofferenza ai suoi?” La risposta si evince dai vv. 12 e 13: “Or, fratelli, io voglio che sappiate che le cose mie son riuscite piuttosto al progresso del Vangelo; tanto che a tutta la guardia pretoriana e a tutti gli altri è divenuto notorio che io sono in catene per Cristo”. I soldati romani, incaricati a sorvegliare la casa di Paolo nella quale era domiciliato, non erano armigeri qualsiasi. Essi appartenevano ad una compagnia speciale, chiamata “pretoriana”, cioè imperiale. Essi erano incaricati a servizi speciali e di particolare responsabilità ed erano le guardie personali dell’Imperatore (Corpo speciale costituito da Augusto composto di sedicimila soldati). Le guardie, che si davano il cambio, ricevettero una inconfutabile testimonianza dell’Evangelo da parte di Paolo e da coloro che transitavano da quella casa. La Parola di Dio ebbe larga e spontanea diffusione grazie alla prigionia di Paolo. E’ bene per il credente nato di nuovo, comprendere e realizzare il significato profondo della sua vocazione. Gesù ci ha scelti affinché procacciassimo “molto frutto” Giovanni 15:16. Quindi siamo stati chiamati a servire Dio affinché, rispondendo al Suo comando, possiamo predicare l’Evangelo ad altri che altrimenti sarebbero perduti. L’Apostolo comprese profondamente questa volontà divina, al punto di scrivere ai Romani 1:14 “Io son debitore tanto ai Greci quanto ai Barbari, tanto ai savi quanto agli ignoranti”. Per questo motivo egli esultava nel sentire che l’Evangelo progrediva e che i fratelli si sentivano incoraggiati dai suoi legami vv. 12 e 14. Alcuni, nella situazione dell’Apostolo avrebbero determinato la fine della propria carriera apostolica. Ma non possono essere le circostanze che fanno il ministro di Dio ma è il ministro che, a volte, crea e approfitta di ogni circostanza per portare frutto alla gloria di Dio. Non solo le catene ed il successo di Paolo furono di testimonianza alla coorte romana, esse ebbero anche un effetto positivo sui cristiani in Roma. Questi, timidi ed impauriti per l’arresto di Paolo, vedevano nelle catene un ostacolo allo loro testimonianza. Ben presto, però, si ricredettero perché la benedizione e l’approvazione di Dio erano su Paolo e sulla chiesa e, quindi, si sentirono incoraggiati a seguire l’esempio dell’Apostolo. Pronti ad affrontare anche il sacrificio si dedicarono con maggior zelo alla predicazione della Parola. Non sempre siamo responsabili delle circostanze in cui veniamo a trovarci ma lo siamo delle nostre reazioni. Se l’afflizione che stiamo vivendo è “frutto” del nostro peccato, dobbiamo semplicemente confessarlo e proporci di non peccare più ed il sangue di Gesù ci purificherà da ogni peccato I Giovanni 1:9 ma se è Dio che permette l’afflizione per essere strumenti di benedizione per altri, allora dobbiamo sottometterci alla Sua volontà ed essere ubbidienti sapendo che Egli saprà preservare e custodire la nostra anima in Cristo Gesù II Pietro 2:9 – II Timoteo 1:12.

Abnegazione di Paolo (v. 20,21)

L’Apostolo comprese e realizzò pienamente il significato delle parole di Gesù Matteo 10:37-39. Non che non avesse cara la sua vita poiché non vi è esistenza più appagante e soddisfacente di quella di coloro che servono Cristo (vedi il mercante di perle Matteo 13:46). Egli aveva scelto di rinunciare alla sua propria volontà pur di essere approvato da Dio Matteo 16:26. L’Apostolo avrebbe potuto evitare persino l’arresto, ma non poteva rinnegare la sua vocazione Atti 21:11. Egli la riteneva così importante e di valore che non voleva trovarsi in difficoltà il giorno in cui avrebbe dovuto dar conto a Dio (non esser svergognato in cosa alcuna). Era così orgoglioso e responsabile della chiamata che non voleva in alcun modo deludere il suo Signore. Tutta la sfera del suo essere era impegnata a perseguire tale obiettivo (v. 20):

Con il corpo, cioè stima ed equilibrio della sua persona come creatura rigenerata dal sangue di Gesù I Corinzi 9:27. Sana alimentazione, cura del corpo, abbigliamento consono, svago, tempo libero, cultura, mente, discorsi, pensieri e quant’ altro, conformi all’immagine di Cristo II Corinzi 3:18.

Con la vita, cioè nei suoi scopi essenziali. Abbiamo già accennato a questo ma è importante ribadire che il cristiano deve fare necessariamente delle scelte.

Riporto un aneddoto (anonimo) che mi sembra esemplificativo:

Un professore universitario, nel tentativo di far comprendere ai propri studenti l’importanza delle priorità, prese un barattolo di vetro, di quelli che si usano per la conserva dei pomodori. Dal cassetto prese una decina di pietre di forma irregolare e riempì il vaso sino all’orlo e chiese agli studenti se il vaso fosse pieno. Tutti risposero di sì, allora prese un secchiello di ghiaia e mentre scuoteva il vaso faceva entrare i sassolini negli spazi vuoti. Chiese nuovamente se il vaso questa volta fosse veramente pieno ed uno studente, aspettandosi nuovi sviluppi, disse “no”. Il professore allora prese un secchiello di sabbia fine, la versò nel vaso ed i granelli si infilarono dappertutto, negli spazi ancora vuoti. “Ora il vaso è pieno?” domandò il professore. In coro gli studenti dissero di “no”. Il professore tirò fuori una brocca d’acqua e la versò nel vaso riempiendolo sino all’orlo. 

Qual è la morale di questo esperimento? Chiese il professore. Uno studente alzò la mano e disse:”Non è importante quanti impegni hai, l’importante saperti organizzare”. “No” – disse il professore, “semplicemente se prima non metti prima le pietre grosse non potrai mai più metterle”.

Quali sono le pietre della tua vita? Se non dai ordine alle priorità assolute, se sprecherai il tuo tempo, le tue energie, le tue risorse per cose di poco valore, se ti esaurisci nel tentativo di riempire il vaso con la sabbia o la ghiaia, il giorno in cui vorrai mettere le pietre più grandi non ci riuscirai.

Quali sono i valori della tua vita? E’ Dio al primo posto? La tua famiglia, la chiesa, i tuoi interessi, il tuo lavoro, la tua persona, rientrano nel contesto della volontà di Dio? Se lo hai fatto, ti sarà facile occuparti serenamente di altre cose. E’ importante, però, che tutte stiano nel “vaso”.

Con la morte, in altre parole affrontare con dignità la morte Apocalisse 12:11. L’apostolo poteva guardare “in viso” la morte perché viveva pienamente la vita di Cristo. Egli realizzava quotidianamente la realtà della resurrezione del corpo, convinto che la sua esistenza sarebbe continuata dopo la morte, con Cristo. In questo contesto la morte ha cessato di terrorizzare il cristiano. Dobbiamo rispetto alla morte ma non vi è più angoscia e terrore perché essa ci introdurrà alla presenza del nostro Dio Romani 8:35-39.

Amore per la Chiesa (v. 25)

Tra le priorità dell’Apostolo vi era la Chiesa. Egli espresse amore non solo alla chiesa di Filippi, ma a tutto il Corpo di Cristo, la Chiesa invisibile. Egli era disposto a “rinunciare ad andare con Cristo” pur di recare qualche vantaggio alla Chiesa. Non importa chi compone la chiesa, quali difetti o pregi essa manifesti, quanti membri la compongono, quali attività o quale livello di maturità abbia raggiunto. La Chiesa è di Cristo, amata, benedetta e sorretta dalla mano di Dio. Ogni membro è tenuto ad amarla, al rispetto e al servizio. Essa è la sposa dello Sposo, diletta e pura Efesini 5:25-27.Coloro che hanno il privilegio di far parte di questo Corpo (non per sua propria volontà ma voluto da Cristo), devono valorizzarlo, onorarlo, rispettarlo e servirlo. L’Apostolo rinunciò a se stesso per il “progresso” della Chiesa; allo stesso modo dobbiamo impegnarci a contribuire attivamente alla sua crescita. Essa si sviluppa in due fondamentali indirizzi:

Generale: impegno nell’innalzamento del livello spirituale, nella conoscenza e applicazione della sana dottrina e nella crescita numerica. Saremo pertanto impegnati nella costante frequenza dei culti e attività ecclesiastiche, partecipazione spirituale attiva (testimonianze, preghiere, meditazioni, studi, ecc.), evangelizzazione. Non meno importante sarà l’attenzione rivolta alla struttura materiale dell’edificio in cui svolgiamo il culto (lavori di manutenzione, attività amministrative e gestione ordinaria e straordinaria pratica della struttura).

Personale: interesse alla persona. Che ci piaccia o no, siamo i custodi dei nostri fratelli Genesi 4:9. I fratelli non hanno bisogno di critiche ma d’amore, preghiere ed esempi. Esiste già l’accusatore dei fratelli Apocalisse 12:10, non facciamoci complici e collaboratori del nemico delle nostre anime. Dedichiamo attenzione, dedizione e tempo ai nostri fratelli, preghiamo per le loro anime, per i deboli, sorreggendoli con la nostra comprensione. Mostriamo il nostro disappunto ai disordinati per non farci mischiare nel loro lievito, ma continuiamo ad amarli perché Dio odia il peccato, ma ama il peccatore.

In Conclusione

Se dimoriamo in Cristo e le Sue parole dimorano in noi, possiamo chiedere qualsiasi cosa ed Egli ce la darà… compresa la forza di dire come l’Apostolo Paolo:”Per me il vivere è Cristo e morire guadagno”.

Pastore Raffaele Lucano

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