Il buon Pastore

buonpastore

dalla predicazione del 24 Ottobre 2010

Lettura da Giovanni 10: 22-30

Per accostarci a Dio dobbiamo credere che Egli è. Tuttavia c’è qualcosa di peggiore della mancanza di fede: l’apatia spirituale e le prese di posizione che ci allontanano dal Signore. Di prim’acchito l’Evengelo può attrarre, ma se quanti ascoltano, rimangono arroccati sulle proprie convinzioni, non potranno realizzare la potenza salvifica del messaggio. Per farlo non è altresì sufficiente riconoscere come potenti le opere di Gesù, la Parola ci porta molti esempi: molti Giudei, e Nicodemo tra questi, riscontrarono che il Nazareno compiva opere straordinarie, tuttavia andavano a Lui, in fondo, per un loro tornaconto, non foss’altro che per la conferma delle loro opinioni.

Spesso il loro comportamento era provocatorio “Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso? Se sei tu il Cristo, diccelo, apertamente!” (v.24) Questo comportamento palesa solamente una gamma di scuse per non prendere una decisa posizione per il Signore.“Parla o Eterno, che il tuo servo ascolta” (I Samuele 3:9), questo dovremmo esclamare, in purezza di cuore, come il giovane Samuele. Per colui che cerca la verità del Signore, con tutto il cuore, non può esistere un rapporto orizzontale, solo verticale. E’ necessario guardare a Gesù, non dobbiamo essere come i Giudei (figura degli uomini di ogni tempo, di ciascuno di noi), concittadini di Gesù, i quali, nonostante le Sue opere non erano disposti a credere: “poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato. Infatti, le Sue qualità invisibili e la Sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle Sue opere, fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili” (Romani 1:19-20). Noi stessi che esistiamo, siamo uno dei miracoli che motiva e giustifica il nostro credere. Per contro, l’impedimento principale al credere, è il peccato: Gesù denunciava fermamente lo stato di peccato in cui i Giudei versavano, ed essi, nella maggioranza dei casi, riluttanti, cercavano di giustificarsi: in altre parole mostravano d’essere “abili con l’alibi”, non c’è, infatti, facendo nostro un adagio popolare, peggior sordo di chi non vuol sentire! “Ma voi non credete perché non siete delle mie pecore, come vi ho detto. Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; io do loro la vita eterna, e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano ” (v.26-28). Al tempo di Gesù, la pratica della pastorizia, era l’attività più praticata e redditizia, mentre in Egitto era vista come ignobile occupazione. Per il popolo d’Israele, era di vitale importanza, ed il perdere anche un solo capo, era considerata un’ingente perdita; il gregge, è, pertanto, efficacemente reso, come più che appropriata figura del popolo dei redenti.  Dio ci guardi da quei pastori modernizzati, che si sono adattati alle novità ed alle esigenze del popolo: non dimentichiamoci del comportamento scellerato di Aronne che lo portò alla realizzazione del vitello d’oro (Esodo 32:2-6). Preghiamo per i nostri Pastori, poiché da loro dipende la salute delle Chiese: “Ed egli stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, ed altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministerio e per l’edificazione del corpo di Cristo (Efesini 4:11-12). Se è vero come è vero, che ogni pastore deve vieppiù assomigliare al Buon Pastore, qui parliamo del Buon Pastore, il solo Buon Pastore: Cristo Gesù. Tutti i pastori, primo o dopo se ne vanno. Solo Lui è fedele e si prende cura di noi per sempre. Le Sue pecore Lo ascoltano e Lo seguono (v.27). Il Buon Pastore parla alla Sua Chiesa. L’Onnipotente vuole parlare a me e a te, senza intermediari di sorta, senza distinzione di rango, né gerarchia alcuna. Lui ci chiama per nome, ma noi Lo riconosciamo? La comunione con Dio si misura nella qualità del rapporto in cui il Signore parla e noi Lo riconosciamo. Talvolta ascoltiamo qualcosa che ci colpisce e pensiamo che sia la voce di Dio. Non è sempre così! Attenzione a non travisare, scambiando la voce di Dio per una forte emozione. Ricordiamoci dell’esperienza di Elia sul monte Horeb (I Re 19:11-13), “la voce di Dio era come un dolce sussurro”: come Dio ha operato nella vita di Elia, così il Buon Pastore desidera operare nella mia e nella tua vita. Quando il Signore parla dice delle cose importanti, Egli vuole parlare a me e a te come fece con Zaccheo: “E quando Gesù entrò in quel luogo, alzò gli occhi, lo vide e disse: Zaccheo, scendi giù subito, perché oggi devo fermarmi in casa tua; (…) E Gesù gli disse: oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche costui è figlio di Abramo. Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Luca 19:5; 9-10), in modo personale, poiché ha una volontà precisa, particolare ed unica per ciascuno di noi. Come incoraggiò i due discepoli sulla via di Emmaus: “Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero; ma Egli scomparve dai loro occhi. Ed essi si dissero l’un l’altro: Non ardeva il nostro cuore dentro di noi, mentre Egli ci parlava per la via e ci apriva le scritture?” (Luca 24:31-32), così desidera consolare il mio ed il tuo cuore. Se è buono essere attivamente in prima linea nell’opera del Signore, è altresì migliore stare fermi ad ascoltare, ricordiamoci dell’episodio di Marta e Maria di Betania: (Giovanni 10:38-42) “Or ella aveva una sorella che si chiamava Maria, la quale si pose a sedere ai piedi di Gesù, e ascoltava la Sua parola (v.39) …ma una cosa sola è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta (v.42)”. Fermiamoci dunque, tendiamo l’orecchio e prestiamo ascolto alla voce di Gesù, ogni giorno, ogni momento, non dipendendo solo dagli appuntamenti istituzionali delle nostre chiese locali.

Il Signore ci conosce dall’inizio: “Tu sei stato il mio sostegno fin dal grembo di mia madre, sei Tu che mi hai tratto dal grembo di mia madre…” (Salmo 71:6), come un pastore attento e amorevole verso il suo agnello, a cui taglia il cordone ombelicale e del quale si occupa fin dal momento del parto, così il Buon Pastore ha cura di noi a partire dalla nostra nascita. Egli conosce noi, le nostre risorse ed i nostri limiti. Egli ci chiede, sebbene deboli, di seguirLo, non di andare da soli. Non come un mercenario: “Ma il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore. Or il mercenario fugge perché è mercenario e non si cura delle pecore” (Giovanni 10:12.13).

La Scrittura ci presenta un altro famoso pastore, come figura di Cristo, Davide; nell’universalmente noto episodio dello scontro tra Davide contro Goliath, leggiamo: Ma Davide rispose a Saul: «Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre quando un leone o un orso veniva a portar via una pecora dal gregge, io l’ho inseguito, l’ho colpito, e ho strappato la pecora dalle sue fauci; quando poi quello si è rivoltato contro di me, io l’ho afferrato per la criniera, l’ho colpito e l’ho ammazzato” (I Samuele 17:34-35). Se dunque Davide è figura di Cristo, le pecore siamo tu ed io, ed il gregge, come già scritto qui, il popolo di Dio, allora sappiamo, con certezza, di essere preziosi per Lui, quanto la pupilla del Suo occhio (Zaccaria 2:9) e che nessuno ci rapirà dalla Sua mano (v.28). Ed ancora: “…sopra questa roccia edificherò la mia Chiesa e le porte dell’Ades non la potranno vincere.” (Matteo 16:18). Siamo tuttavia esposti ad un rischio subdolo, Paolo infatti scrive: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà l’afflizione o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?” (Romani 8:35), in realtà nulla di tutto ciò, bensì solo noi stessi, quando rifiutiamo la Sua protezione. In Palestina vi erano luoghi in cui si trovavano molti pastori con le loro greggi che venivano ricoverate tutte insieme per la notte in enormi ovili. Al mattino ogni pastore richiamava le proprie pecore e sebbene il timbro dei richiami fosse simile, ogni gregge si raccoglieva intorno al proprio pastore. Certo poteva anche accadere che qualche pecora distratta si perdesse, cadendo in un burrone, vittima delle asperità del terreno. Certo il pastore sensibile sarà attento al belato della malcapitata e andrà prontamente in soccorso. Nel momento in cui non ascoltiamo la voce del Buon Pastore, o peggio sentendola, non poniamo mente, attardandoci per la via, distratti da altri rumori, la nostra sorte non sarà molto dissimile da quella della pecora distratta. Potremmo cadere in un dirupo spirituale, vittime del nemico delle anime nostre, e, nell’attesa che il Buon Pastore venga a cercarci, l’angoscia potrebbe frenare il nostro grido di aiuto, rischiando così di perdere la nostra occasione di essere salvati, l’occasione della vita eterna! Iddio ci aiuti affinché anche noi, certi e sicuri come Davide, possiamo sempre affermare: “L’Eterno è il mio Pastore, nulla mi mancherà” (Salmo 23:1)

Pastore Raffaele Lucano

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