Lettura da Filippesi 3:12-21
Abbiamo concluso il precedente studio con il versetto undici che ci introduce all’argomento di questa meditazione. L’Apostolo ha abilmente tessuto la sua maglia con l’obiettivo di condurre i suoi lettori alla mèta finale: La resurrezione dei morti e la vita eterna con Dio.
Non importa a cosa bisogna rinunciare, sostiene l’Apostolo, l’obiettivo rimane fermo nel suo cuore affinché la sua corsa non debba risultare vana (II Timoteo 4:7; Filippesi 2:16). Per alcuni, il termine “rinuncia” potrebbe avere un gusto amaro, difficile da accettare. rficiale e perniciosa spiritualità; non avrebbero dovuto nemmeno far notare gli effetti del loro digiuno religioso per meritarsi una presunta retribuzione terrena. Il Signore è e sarà il rimuneratore di coloro che sperano in Lui, che si affaticano per il progresso dell’Evangelo, nella misura delle proprie fatiche (Matteo 10:41). fine di guadagnarsi il premio (1 Corinzi 9:27). Commettono un grave errore quei religiosi che sostengono la dottrina della sofferenza come mezzo per guadagnarsi il Cielo.(V. 13 e 14).
Non guardare indietro a piangere o rassegnarti o, peggio ancora, tentare di trovare un compromesso biblico per giustificare le cadute. Soffermarsi sui successi, ci indurrebbe al rilassamento e a confidare nelle nostre capacità, soffermarsi sugli insuccessi ci trasporterebbe allo scoraggiamento e a ritenere vana la potenza rigeneratrice dello Spirito Santo.
Quindi, guardiamo avanti imparando dalle nostre sconfitte ed impegnandoci ad essere più ubbidienti alla voce dello Spirito Santo (V. 16) “Soltanto, dal punto al quale siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via”. Costoro considerano una sofferenza lasciare lo spirito di questo mondo coi suoi bagliori e frastuoni. La vita del cristiano non è radicata sulla rinuncia ma sulla edificazione, ovvero costruire, giorno per giorno, il tempio di Dio che … si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore (Efesini 2:21). Quale sublime visione sosteneva questo uomo di Dio. Tutta la sapienza del mondo non poteva paragonarsi alla dolce comunione con Cristo. E’ insensato voler rinunciare agli effetti apparentemente benefici di questo mondo se non venissero sostituiti da valori più profondi. Cristo non vuole svuotarci ma riempirci, darci un cuore di carne al posto di uno di pietra, una speranza al posto della disillusione, una gioia duratura fondata sulla certezza del Suo amore, al posto di sentimenti fugaci ed ingannevoli. Nuovi obiettivi, nuovi pensieri, nuova vita (Colossesi 3:10). Quindi, la vita del cristiano è dinamica, attiva, entusiasmante, costruttiva. Essa non si conclude con il battesimo in acqua ma si protende verso due obiettivi da raggiungere:
Resurrezione dei morti. Poiché Cristo, la primizia dei viventi, è risuscitato dalla morte, anche la Sua Chiesa risusciterà dai morti. Coloro che, perseveranti si addormenteranno in Cristo, saranno altresì risuscitati con Cristo. Alla loro morte fisica, lo spirito dell’uomo che appartiene a Dio, ritornerà a Lui, l’anima sarà ricevuta dalle “braccia di Abramo” (Luca 16:22), in attesa di ricongiungersi col corpo risorto. E’ questa una fondamentale verità biblica che dovrebbe sostenere i credenti, nati di nuovo. E’ un avvenimento incomprensibile per coloro che vivono secondo “la carne”, ma la fede riposta in Colui che è la Verità, ci induce a credere, senza alcun dubbio, che questo succederà. L’Apostolo, nella sua apologia ai Corinzi scrive: “Ma se non v’è risurrezione dei morti, neppur Cristo è risuscitato; e se Cristo non è risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione, e vana pure è la vostra fede” (I Corinzi 15:13-14), e conclude con un’affermazione che dirada ogni perplessità: “Così pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile, e risuscita incorruttibile”(I Corinzi 15:42). Come succederà? Riporto testualmente quanto scritto dall’Apostolo ai Tessalonicesi: “Or, fratelli, non vogliamo che siate in ignoranza circa quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Poiché, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui. Poiché questo vi diciamo per parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore (4:13-17)”.Possa essere questa una viva speranza per coloro che credono; sia il sostegno nelle nostre lotte quotidiane, sia tolta ogni lacrima per il vuoto dei nostri cari che ci hanno preceduti e che rincontreremo, riempia il Signore il nostro cuore di dolce aspettativa, si elevi la nostra anima al pensiero che saremo per sempre con Gesù, ecco, il Re dei re sta per arrivare, Egli è alle porte per rapire la Sua Chiesa “… e quando sarò andato e v’avrò preparato un luogo, tornerò, e v’accoglierò presso di me, affinché dove son io, siate anche voi (Giovanni 14:3)”. La nostra vita terrena è un pellegrinaggio, un transito verso il Cielo, la nostra vera e definitiva dimora. All’apparizione del nostro Signore Gesù saremo trasportati a casa in attesa della resurrezione e della trasformazione del nostro corpo che assumerà, finalmente, incorruttibilità (I Corinzi 15:52).
Il Premio personale che sarà assegnato ad ognuno che regnerà con Cristo. Troviamo nelle Scritture, dagli Evangeli all’Apocalisse, ben tredici citazioni che ci confermano tale rimunerazione. Mentre la salvezza è un dono, si realizza per fede, il premio è riservato a coloro che (nati di nuovo) sono impegnati nel servizio a Dio “Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la propria fatica (I Corinzi 3:8)”. Quale consolazione per l’Apostolo che intravedeva la sua imminente fine. Una condanna a morte generata non da un crimine commesso, ma per la sua fedeltà all’Evangelo. Gesù aveva ben esplicitato ai discepoli che a motivo della loro fede sarebbero stati perseguitati e che avrebbero dovuto persino pregare per i loro persecutori. Disse loro di non richiamare l’attenzione degli uomini per le opere giuste che avessero fatto. Coloro che persevereranno sino alla fine riceveranno da Cristo una pietruzza bianca, personale, sotto la quale ci sarà scritto un nome che rappresenterà, in una parola, ciò che siamo stati e che abbiamo fatto per il Signore “A chi vince io darò della manna nascosta, e gli darò una pietruzza bianca, e sulla pietruzza scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve” (Apocalisse 2:17). Comprendiamo ora il motivo dello zelo di Paolo. Proteso verso l’arringo che gli stava dinanzi (Ebrei 12:1) era in grado di sopportare ogni forma di afflizione, anzi egli trattava duramente il suo corpo. L’Apostolo, in forma contratta (non dimentichiamoci che sta parlando ad una Chiesa semplice, pura, senza malizia) vuole intendere gli “atti peccaminosi” del corpo (ovvero della carne) e non il corpo fisico (Romani 8:12-13). L’esortazione di San Paolo ci spinge a ricercare e procacciare la santificazione sino al raggiungimento della perfezione spirituale indicataci da Gesù (Matteo 5:48). Si tratta di una perfezione morale, spirituale e non di infallibilità di condotta, poichè fin tanto che saremo “inscatolati” in questo corpo corruttibile saremo soggetti alla passione dei nostri sensi, ma colui che è nato da Dio può raggiungere un livello spirituale tale da evitare il peccato volontario (I Giovanni 3:9). Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme d’Esso dimora in lui; e non può peccare perché è nato da Dio.
La perfezione biblica è di duplice natura: Acquisita da Cristo all’atto della nostra nuova nascita (Ebrei 10:14) e da realizzare tramite la santificazione (Giacomo 1:4). Questo concetto si scontra con la nostra realtà quotidiana. Nonostante i nostri sforzi ci accorgiamo di essere sempre imperfetti. Ma se noi siamo fallaci non vuol dire che la Bibbia menta. Si tratta, prima di tutto, di crederci, poi protendere verso tale obiettivo con impegno e, soprattutto, con l’aiuto dello Spirito Santo. E’ Dio stesso che ci perfezionerà, lo Spirito Santo ci guiderà in tutta la verità ed il Signore Gesù intercederà per noi quando cadremo. Accogliamo l’invito e l’esempio del grande Apostolo, il quale, pur ammettendo di non aver ancora raggiunto la mèta, non si scoraggiava per i suoi insuccessi ma si spingeva in avanti, senza sosta, per afferrare il premio