Il credente nella società – 02) La santificazione personale

Taluni incorrono nell’errore di credere che santità sia sinonimo di legalismo e si scoraggiano nel tentativo di sottoporsi a regolamenti religiosi, invece di perseguire la vera santificazione. Se desideriamo essere approvati da Dio è necessario conformare la nostra condotta ai Suoi insegnamenti, in quanto non possiamo piacere al Signore se non viviamo una vita santa.

 

Chiamati a santificazione Il comune pregiudizio verso la santificazione è spesso generato dall’erronea convinzione che essapresupponga una vita di stenti e privazioni. L’etimologia del vocabolo “santo”: significa separato dal peccato. Perseguire la santificazione significa esprimere la volontà di essere come il Signore e desiderare, quindi, di essere separati dal peccato. “Perciò, dopo aver predisposto la vostra mente all’azione, state sobri e abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata al momento della rivelazione di Gesù Cristo. Come figli ubbidienti, non conformatevi alle passioni del tempo passato quando eravate nell’ignoranza, ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: siate santi perché Io sono santo” (I Pietro 1:13-16). Il passo in esame, scritto a credenti, dispersi a causa della persecuzione, ricordando “l’alta chiamata” degli eletti di Dio, purificati dal sangue di Cristo e santificati dal Suo Spirito, se da un lato ha intento d’incoraggiamento, dall’altro sottolinea la responsabilità. Dobbiamo intendere “eletto” non nel senso di “preferito”, che insinuerebbe un criterio discriminante, bensì nell’accezione biblica dell’appartare per Sé chi ha scelto di accettare l’opera della grazia. Dio, infatti, non ha deciso a priori chi salvare e chi no, bensì ha deciso in che modo farlo. Ogni privilegio comporta una responsabilità; in questo passo è indicata cosa Dio si aspetta da coloro sui quali ha riversato le Sue benedizioni. La mente è un campo di battaglia. Dobbiamo essere sempre pronti a resistere agli attacchi che l’avversario sferra cercando di manipolare i nostri pensieri. E’ necessario dunque essere sempre attenti alla “pulizia” dei nostri pensieri. Un metodo infallibile è quello di mantenere sempre viva nella nostra mente la gloriosa speranza del ritorno di Cristo. Per i figli di Dio una caratteristica fondamentale è esserGli ubbidienti. La redenzione dal peccato non è il solo passo del piano di salvezza di Dio. Rinascendo in novità di vita, si produce un radicale cambiamento della nostra condotta e siamo chiamati a essere santi. Questa è una rivoluzione totalizzante, non possiamo ridurre la nostra via in scomparti, uno santo e uno no, uno santo alla tale percentuale. E’ scritto: “siate santi in tutta la vostra condotta” (v.15), ciò significa esserlo in ogni àmbito della nostra vita: non solo in chiesa, bensì a casa, a scuola, al lavoro, in ogni rapporto sociale e in ogni situazione. La santificazione non è un accessorio opzionale, bensì qualcosa “senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14). Tuttavia non possiamo né dobbiamo dimenticare che la santificazione è un’opera spirituale. Siamo santi perché la purificazione interiore è operata giorno dopo giorno dallo Spirito Santo e si manifesta con nuovi pensieri, parole e azioni. Certamente a noi compete il disporci a permettere quest’opera.

Camminare in santità Dio ci vuole santi sia affinché la nostra testimonianza sia efficace, sia per coltivare e mantenere spiritualmente alta la qualità della vita che conduciamo. “Del resto, fratelli, avete imparato da noi il modo in cui dovete comportarvi e piacere a Dio ed è già così che vi comportate. Vi preghiamo e vi esortiamo nel Signore Gesù a progredire sempre di più. Infatti, sapete quali istruzioni vi abbiamo date nel nome del Signore Gesù. Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno gli stranieri che non conoscono Dio; che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari, perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e dichiarato prima. Infatti, Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione” (I Tessalonicesi 4:1-7)“Repetita iuvant” recita il motto latino. Non a caso Paolo ripete istruzioni già note. A ragion veduta, ritiene necessario farlo, in quanto, sia i Tessalonicesi allora e anche noi oggi, non possiamo correre il rischio di credere di essere arrivati. E’ necessario progredire umilmente e riconsacrarsi al Signore giorno dopo giorno. I riferimenti specifici al comportamento sessuale, se possono essere storicamente e culturalmente contestualizzati in un’epoca nella quale, poligamia, omosessualità, fornicazione, adulterio, incesto erano comunemente accettati, tanto più sono attuali nel nostro mondo contemporaneo dove sono entrati a far tranquillamente parte del nostro vivere quotidiano. Sebbene viviamo in tempi di assoluto permissivismo, non possiamo dimenticare che l’immoralità sessuale è un peccato contro Dio, contro il proprio e l’altrui corpo, in quanto “non sapete voi che il corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avere ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi”  (I Corinzi 6:19).

La santificazione nei rapporti fraterni Se la santificazione deve essere soggetto attivo nelle relazioni interpersonali, tanto più deve caratterizzare i rapporti fraterni. Nelle comunità neotestamentarie, così come nell’ambito della fratellanza di oggi, possono esserci delle diversità e delle questioni controverse che non devono però, mai arrivare a ledere l’armonia della famiglia di Dio. Le epistole paoline sono dunque più attuali che mai. Leggiamo in Romani 14:1-12: “Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi scrupoli. Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro che è debole mangia legumi. Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e colui che non mangia di tutto non disprezzi colui che mangia di tutto, perché dio lo ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piedi perché il Signore è potente da farlo stare in piedi. Uno stima un giorno più di un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, poiché ingrazia Dio. E chi non mangia di tutto fa così per il Signore e ringrazia Dio. Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso; perché se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo siamo del Signore. Perché a questo fine Cristo è morto e tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi. Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio. Infatti, sta scritto: come è vero che vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua darà gloria a Dio”. Così come Paolo, anche noi non possiamo permetterci di criticare, rischiando di scandalizzare, i nostri fratelli troppo scrupolosi a motivo del loro livello di maturità spirituale che permette loro di accettare la salvezza per grazia, ma non hanno ancora realizzato l’affrancamento dalla schiavitù della legge, piuttosto, accogliamoli, come Gesù ha fatto con noi, e con amorevole cura, insegniamo loro, attraverso il nostro buon esempio. Resta inteso che la tolleranza verso i fratelli nella debolezza non può diventare per noi né per loro, occasione di complicità con il peccato. Se in alcune situazioni abbiamo diritto e dovere di intervenire per il bene della comunità, ci sono altresì questioni che non ci competono e dalle quali ci dobbiamo tenere alla larga, considerando che ognuno di noi dovrà rendere conto del proprio operato al Signore. Quando si dice che le nostre opere saranno giudicate, non è da intendersi opere “ai fini” della salvezza, che è ricevuta per grazia di Gesù e non per meriti personali, piuttosto come opere “di derivazione” di essa, rispetto all’ aver compreso la portata del dono della salvezza che ci spinge a farne tesoro attraverso il servizio cristiano. Se Dio ci ha salvati gratis, è comunque per agire a favore di altri tramite il nostro esempio, se così non fosse, salvo eccezioni, un attimo dopo essere stati salvati, saremmo stati immediatamente portati in Cielo. Con la salvezza acquisiamo la santità come posizione giuridica, come una sorta di “santificazione presente”. Tale condizione di partenza ci permette di esercitare la nostra posizione giuridica in una sorta di “santificAZIONE progressiva”, di mettere quindi, “in azione” la santità.

Considerazioni finali Santificazione non significa dunque provare quanto possiamo restare vicini al mondo senza rimanerne contaminati, piuttosto desiderare e scegliere ogni giorno di vivere quanto più possibile lontano da esso, per essere in stretta comunione con il Signore.

dalle Amiche di Naomi

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