Il credente nella società – 03) Onorare Dio in famiglia

Nel piano di Dio la famiglia cristiana è l’embrione della comunità cristiana, nella quale prende vita il primo nucleo di testimonianza di Cristo nel mondo.

Dedicati al Signore. Il primo capitolo di questo studio inizia con la necessità di conoscere la Parola, di mettere in pratica la fede vivendo una vita coerentemente cristiana. Nel secondo capitolo Dio chiama il credente ad una vita di santità.  Il terzo capitolo promette benedizione e protezione alle famiglie che Lo onorano. Il matrimonio è un’idea di Dio. Fu la prima istituzione voluta dal Creatore, leggiamo, infatti, in Genesi 2:18: “Poi l’Eterno Iddio disse: Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che gli sia convenevole”. La famiglia è come un laboratorio dove il cristianesimo viene messo alla prova. Essa rappresenta uno dei più validi sostegni della chiesa e potrebbe diventare ancora più forte, se tutti i cristiani decidessero di fondare la propria famiglia sui principi dell’insegnamento di Gesù. “La prima cosa necessaria per una casa è il tetto” recita il motto. Ma se non abbiamo delle buone fondamenta e delle pareti robuste, il tetto cade. Cristo deve essere il centro e il padrone della nostra casa e della nostra famiglia.

Ogni casa è come una piccola chiesa e ogni capo-famiglia è chiamato a provvedere al benessere e alla prosperità spirituale di coloro che gli sono stati affidati. “Dunque temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà; (…) Quanto a me e alla mia casa, serviremo l’Eterno” (Giosué 24:14-15), queste furono le parole che Giosuè disse dopo aver ricordato le grandi cose che Dio aveva fatto per il popolo d’Israele e di come era stato benigno verso di loro. Il meno che potessero fare, anche soltanto per mera gratitudine, era dedicare se stessi e le loro famiglie al Suo servizio. L’appello di Giosuè non fu un’imposizione, bensì un’accorata esortazione rivolta ad ogni suo figlio, cui era affidata la cura e la guida di una famiglia. Giosuè fu, oltre che un valido e fedele condottiero, un buon padre ed esempio per i suoi figli, nipoti e le loro famiglie, unitamente ai servi. “Temere Dio” non significa provare paura ma rispetto e stima della Sua divina persona. E’ anche manifestazione d’amore e si esprime con il desiderio di impegnarsi al meglio pur di non dispiacerGli e di disubbidirGli. Nel Salmo 147 leggiamo al verso 11: “Il Signore si compiace di quelli che lo temono” e in Atti 10:35: “Chi lo teme e opera giustamente gli è gradito”. Nel libro degli Atti troviamo un altro esempio, un “Gentile” (non Ebreo): Cornelio, un centurione, un ufficiale al comando dell’esercito romano, pagano fu attratto dall’adorazione a Dio e dell’elevata moralità degli Ebrei. Le sue sincere preghiere rivolte a Dio, furono udite e Dio gli mandò Pietro per rivelargli il piano di redenzione. L’Apostolo, ubbidiente al comando divino, trovò la casa di Cornelio piena di gente, la Parola toccò il cuore di Cornelio e si convertì al Signore; lui, la sua famiglia e tutti servi furono battezzati di Spirito Santo. Iniziò ad offrire parte del suo salario per aiutare i bisognosi, e questo stile di vita fu un esempio per la sua famiglia e gli amici. La sua devozione verso Dio ebbe un grande effetto sui servi sui soldati. La più efficace testimonianza è il nostro comportamento, una goccia di esempio vale più di un mare di parole. Infatti, il mandato di Gesù non ci chiede di “fare testimonianze” ma “essere testimoni”: “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8), così come in Cornaredo.

Condotti dalla Parola I genitori si occupano dell’educazione etica e morale dei propri figli. I genitori cristiani, oltre a questo hanno il privilegio e la responsabilità di istruirli secondo la Parola di Dio affinché questa diventi per tutti i membri della famiglia regola di fede e di condotta. Tale necessità è stata espressa da Mosè verso la fine della sua vita: “quando tutto Israele verrà a presentarsi davanti al Signore Dio tuo nel luogo che egli avrà scelto, leggerai questa legge davanti a tutto Israele, in modo che egli la oda. Radunerai il popolo; uomini, donne e bambini, con lo straniero che abita nelle tue città, affinché odano e imparino a temere il Signore, il vostro Dio e abbiano cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge. E i loro figli, che non ne avranno ancora avuto conoscenza, la udranno e impareranno a temere il Signore, il vostro Dio, tutto il tempo che vivrete nel paese del quale voi andate a prendere possesso passando il Giordano” (Deuteronomio 31:11-13). Comprendendo che Dio l’avrebbe presto chiamato a se, si preoccupa ancora una volta di ricordare al popolo d’Israele, oltre ai dieci comandamenti, che Israele doveva amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, in quanto l’ubbidienza alla legge doveva scaturire dall’amore per il Signore e non dalla paura. Dio voleva che tutto il popolo lo servisse, pertanto era necessario, affinché il popolo fosse guidato nella giusta via, che la legge fosse conosciuta e che l’istruzione non fosse relegata ad un ruolo solo privato, bensì anche pubblico. L’eredità di questo comando come fu per Timoteo, è anche per noi. “Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da bambino hai avuto conoscenza delle Sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” (II Timoteo 3:14-15). Conosciamo la storia familiare di Timoteo, sebbene il padre non fosse cristiano, nonna e mamma, donne di grande fede, lo condussero alla salvezza, grazie alla buona testimonianza e al buon insegnamento, ancor prima del suo incontro con Paolo. La fede con cui queste due donne operarono, fu tale da essere suscitata anche in Timoteo, che, già a conoscenza delle profezie dell’Antico Testamento, comprese e accettò facilmente il loro compimento in Cristo Gesù, attraverso l’annuncio di Paolo. Ancora una volta si evince chiaramente che: “la fede viene dall’udire, e l’udire viene dalla Parola di Dio” (Romani 10:17).    

Assicurati dalla cura di Dio “Poiché tu hai detto, o Signore tu sei il mio rifugio, e hai fatto dell’altissimo il tuo riparo, nessun male potrà colpirti, né piaga alcuna si accosterà alla tua tenda. Poiché Egli comanderà ai Suoi angeli di proteggerti in tutte le tue vie. Essi ti porteranno sulla palma della mano, perché il tuo piede non inciampi in nessuna pietra.” (Salmo 91:9-12). Spesso siamo attratti alla lettura dei Salmi, in quanto troviamo consolazione, protezione e promesse di benedizione. Non dobbiamo però, dimenticare, né sottovalutare la condizione alla quale è subordinato l’accesso a tali consolazioni, protezioni e benedizioni: accettarLo come personale Signore e Salvatore e dimorare in Lui. Essere in comunione con il Signore, in fiducia e in ubbidienza a Lui è imprescindibile.  Venendo meno tale condizione, si produce un’ulteriore conseguenza, che possiamo evincere nella lettura di Proverbi 3:32-33: “Poiché il Signore detesta l’uomo perverso, ma la Sua amicizia è per gli uomini retti. La maledizione del Signore è nella casa dell’empio, ma Egli benedice l’abitazione dei giusti.” Ad una prima lettura, tuttavia questi versetti ci sembrano contraddittori verso la realtà che viviamo, infatti, quanti perversi ed empi intorno a noi prosperano? In effetti, noi sappiamo che la loro prosperità è effimera e temporanea, in quanto si limita a questo mondo. Tali uomini saranno sottoposti al giudizio di Dio, ed in questo senso è intesa la “maledizione”.

Considerazioni finali La Parola di Dio deve avere un posto preminente nella nostra vita familiare. E’ necessario che sia letta e meditata quotidianamente ed insegnata ai figli. E’ altresì indispensabile che i Suoi insegnamenti siano applicati in ogni situazione, affinché tutta la famiglia La viva ogni giorno.

dalle Amiche di Naomi

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