Giovanni 21:20
Ai discepoli pareva una cena come tante altre consumate negli ultimi tre anni. Tutto era stato preparato secondo i programmi. La stanza abbastanza ampia da ospitare tredici persone, la tavola ben apparecchiata e imbandita con cibi adeguati alla festa degli Azzimi. L’allegria riempiva i cuori dei discepoli. Gesù aveva fortemente desiderato quell’incontro. Si prospettava una bella serata in sana compagnia nella quale consolidare l’amore fraterno e rievocare i miracoli e le cose grandi che Dio aveva compiuto. Con un cenno, Gesù richiama l’attenzione di tutti, rende grazie e spezza il pane per essere distribuito tra loro. Così fece anche col vino, tutti avrebbero dovuto berne. Il Maestro lascia alla Chiesa un evento in memoria di ciò che stava per succedere. Silenziosamente tutti mangiano il boccone di pane e sorseggiano il vino ma rimangono attoniti all’udire le parole di Gesù: “Del resto, ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me sulla tavola” Luca 20:21.
Un forte imbarazzo invade la sala, chi poteva essere? Tutti si esaminano, fanno ipotesi, si interrogano e investigano su chi avrebbe potuto essere e, soprattutto perché. L’imbarazzo si trasforma in timore: “… ma guai a quell’uomo per mezzo del quale Egli è tradito” (v. 22). I discepoli si concentrano su loro stessi, non si preoccupano dei sentimenti di Gesù. Tutti, tranne uno: Giovanni, il discepolo amato. Il giovane, timido, sensibile Giovanni, durante tutta la cena stava inclinato sul seno di Gesù. Quella sera aveva scelto il posto migliore, vicino a Gesù, sul Suo cuore. Poteva sentire il battito del Suo cuore palpitare di tenerezza e amore, compassione e misericordia. Solo più tardi comprenderà il perché: Il Maestro avrebbe lasciato la Chiesa a combattere in questo mondo. Ma Giovanni si accorse anche dell’umanità di Gesù. La Sua missione era conclusa, era giunto il tempo di ritornare sul Suo trono. Gesù Dio doveva lasciare il corpo terreno. Nel Getsemani, Gesù uomo, chiede al Padre di essere esonerato ma, sorretto dagli angeli, accetta e vince l’angoscia della morte fisica. Giovanni, inclinato sul petto di Gesù, avverte questo palpito e in segno della sua empatia e riconoscenza accompagna il Maestro fino ai piedi della croce. Ora Giovanni comprende il motivo di quel cuore che batteva forte. Era un palpito d’amore, di misericordia, desideroso di offrire guarigione e consolazione. Un cuore che ancora oggi si rivolge a te per abbracciarti e dirti che è morto per la tua redenzione. Ma è anche un cuore che cerca il tuo affetto, la tua comprensione e la riconoscenza per aver dato la Sua giovane vita per la salvezza della tua anima. Hai mai cercato di comprendere i sentimenti di Dio? Cosa potrebbe renderlo felice? Capire il ritmo del battito del Suo cuore ti aiuterà a realizzare un’armoniosa relazione col tuo Redentore.