CAPITOLO 1 – L’EPISTOLA DI PAOLO A TITO (cap. 1:1-5)

mappaIl destinatario della lettera è Tito, nominato come “figlio legittimo, figlio genuino” in quanto frutto del lavoro evangelistico dell’Apostolo Paolo. Paolo era affettivamente legato a Tito per il suo carattere fermo e nello stesso tempo docile. Tito era affidabile, coraggioso, pieno d’amore per Gesù e per la Chiesa. Molto simile al giovane Timoteo, egli risulterà un leale collaboratore di Paolo tanto da essere incaricato a mettere ordine nelle Chiese cretesi. Era un pagano di origine greca e si suppone che avesse incontrato Paolo ad Antiochia, dove soggiornò per un intero anno

(Atti 11:25-26) Poi Barnaba se ne andò a Tarso, a cercar Saulo; e avendolo trovato, lo condusse ad Antiochia. E avvenne che per lo spazio d’un anno intero parteciparono alle raunanze della chiesa, ed ammaestrarono un gran popolo, e fu in Antiochia che per la prima volta i discepoli furon chiamati Cristiani.

Siamo intorno all’anno 45-50, nel corso del primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba. Tra le caratteristiche di Tito si evidenziano la fermezza e la fedeltà al messaggio della salvezza per grazia e non per meriti. Egli non indietreggia neppure dinanzi alle pressioni dei credenti giudaizzanti a motivo della circoncisione

(Galati 2:1-4) Poi, passati quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo anche Tito con me. E vi salii in seguito ad una rivelazione, ed esposi loro l’Evangelo che io predico fra i Gentili, ma lo esposi privatamente ai più ragguardevoli, onde io non corressi o non avessi corso invano. Ma neppur Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere; e questo a cagione dei falsi fratelli, introdottisi di soppiatto, i quali s’erano insinuati fra noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù.

Riflessione: A volte, pressati da pratiche retoriche di tipo ecclesiastiche o indotti a compiacere persone, circostanze e legami affettivi, cediamo al compromesso lasciandoci trascinare nell’errore. Coloro che hanno conosciuto la verità devono saperla esercitare e difenderla ad ogni costo (Galati 2:11-14).

Paolo si fidava di Tito e gli affidò compiti di particolare delicatezza che richiedevano tatto e discernimento spirituale. Ne è esempio la chiesa di Corinto. Questa, seppur ricca di doni, mancava di etica spirituale e educazione morale e civica. L’Apostolo scrive ai Corinzi due lettere (molto probabilmente erano quattro ma due sono state smarrite) per richiamarli all’ordine ed era necessario un latore che sapesse applicarne i contenuti con fermezza e dolcezza: Uno di questi era Tito. Verso l’anno 64, troviamo Tito a Creta in compagnia dell’anziano Paolo, il quale deve urgentemente partire e lo lascia nell’isola per mettere ordine nelle diverse chiese cretesi. Queste chiese, di fondazione decennale, non furono costituite da Paolo ma, si suppone, dai convertiti di Gerusalemme il giorno della Pentecoste, testimoni oculari della discesa dello Spirito Santo sui 120 (Atti 2:11) e dai cristiani Giudei della diaspora scappati da Gerusalemme a motivo della persecuzione

(Atti 8:1) E Saulo era consenziente all’uccisione di lui. E vi fu in quel tempo una gran persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme. Tutti furon dispersi per le contrade della Giudea e della Samaria, salvo gli apostoli.

Non si sa! Rimane certo che molti Giudei erano presenti in queste chiese i quali, portatori dei propri retaggi dottrinali, scontrandosi con il carattere violento e avido dei residenti Cretesi, generavano guerre intestinali e profonde divisioni (vv 10-12). Come vedremo Tito dovrà esercitare la disciplina con severità. Egli rimarrà nell’isola diversi anni, assumendo egli stesso il ministero di vescovo. La tradizione dice che morirà all’età di 94 anni e senza mai sposarsi.

Riflessione: Ancora oggi, in Grecia, la gente di Creta è conosciuta per essere testarda ed orgogliosa; ci sono faide famigliari, e le autorità faticano per fermare l’abitudine di sparare durate i matrimoni. Alla luce di questi retaggi, comprendiamo il difficile lavoro che Tito doveva assolvere: Mettere ordine in una Chiesa carnale, disubbidiente e disordinata. 

I BENEFICIARI DELLA LETTERA:

Come usanza dei tempi antichi e caratteristica peculiare dei suoi scritti, l’Apostolo Paolo inizia la lettera presentandosi a Tito definendosi “servo e apostolo”. Egli era orgoglioso della sua chiamata ben consapevole del privilegio che aveva ricevuto da Dio. Sappiamo che sin da giovane Saulo (nome ebreo di cui non si conosce il significato, successivamente prenderà il nome romano di Paolo) godeva di particolari posizioni sociali e religiose (Atti 22:3) ed era abituato ad alte onorificenze ma, dopo la conversione egli volle essere identificato come un servo, come uno che dipende dal suo padrone, e apostolo, mandato a diffondere e a proclamare la causa di Gesù Cristo (Paolo significa “piccolo”).

Rifelssione: Tito conosceva benissimo Paolo e non aveva bisogno di presentazioni ma l’epistola era destinata ad assumere carattere cattolico (universalità) e con la sua dichiarazione, l’Apostolo ribadisce l’autorità della sua vocazione. L’uomo potrebbe raggiungere grandi successi nella vita sociale, godere privilegi e onori ma il suo servizio sarà sempre a favore degli uomini. Non vi è più alto riconoscimento di quello di aver ottenuto fiducia da Dio a svolgere un lavoro per la Sua gloria.

Servi di Dio e apostoli di Gesù a favore degli eletti, questo è lo scopo della chiamata al ministero e chiunque desidera servirLo deve sempre tenere a mente

  • Chi è il proprio datore di lavoro (Dio).
  • In quale “officina” sta lavorando (la Chiesa).
  • Quali strumenti deve utilizzare (la predicazione della Parola).
  • Il prodotto del lavoro (la fede degli eletti).
  • Lo scopo delle proprie fatiche (la speranza della vita eterna).

È importante evidenziare che, sebbene la precaria situazione dei credenti delle chiese cretesi sopra descritta, l’Apostolo li riconosce come gli “eletti di Dio”, non perché lo fossero nei fatti ma a motivo del sacrificio di Gesù che presenta al Padre la Sua Chiesa lavata e purificata dal Suo sangue

(Efesini 5:27) … affin di far egli stesso comparire dinanzi a sé questa Chiesa, gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile ma santa ed irreprensibile.

Riflessione: Qualunque siano le nostre esperienze nella chiesa non dobbiamo mai dimenticare che essa è la Chiesa di Dio per la quale è morto Suo Figlio Gesù. Egli ne è padrone, amministratore e giudice. A noi è domandato di conoscere e rispettare la Sua volontà senza giudicare e lamentarci dei fratelli che ci sono stati assegnati (Romani 14:13) Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli altri, ma giudicate piuttosto che non dovete porre pietra d’inciampo sulla via del fratello, né essergli occasione di caduta.

L’OBIETTIVO DELLA PREDICAZIONE:

PROMUOVERE LA FEDE E LA CONOSCENZA DELLA VERITA’: Il servo di Dio deve essere sempre positivo e propositivo, deve incoraggiare lo stanco ed il debole a vedere oltre al velo della realtà che sta vivendo. Dalle sue labbra devono uscire espressioni fondate sulla Parola affinchè conferisca a chi le ascolta una maggiore conoscenza della verità biblica

(Romani 10:17) Così la fede vien dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo.

Riflessione: Il servo di Dio prima di proclamare la verità ad altri deve conoscerla e realizzarla profondamente altrimenti corre il rischio di presentare una PROPRIA VERITA’ fondata sui sentimenti e su presupposti personali.

CONFORME ALLA PIETA’, ovvero fondata sulla devozione divina. La pietà è un’attività in relazione a Dio (e conseguentemente a beneficio degli uomini) che si esercita nel timore, obbedienza, amore e desiderio di Dio. In questo contesto è spontaneo considerare e tollerare le umane debolezze. Questo sentimento ci porterà a giudicare con il cuore di Dio, applicando la giustizia con amore. L’intento della “pietà” è la conquista di un’anima per la gloria di Dio.

Riflessione: William Law (teologo e scrittore inglese vissuto nel XVIII secolo i cui scritti influenzarono notevolmente la formazione spirituale di John e Charles Wesley) descrive l’uomo pio come un uomo devoto a Dio. Egli ha una vita consacrata a Dio e non vive più seconda la propria volontà o secondo i metodi del mondo, ma unicamente per la volontà del Signore. Dio è al primo posto in ogni decisione, Lo serve e tutto ciò che fa è conforme ai principi coerenti con la Sua gloria.

NELLA SPERANZA DELLA VITA ETERNA: Alcuni Cretesi (o Cretasi), come purtroppo succede ancora oggi, avevano abbracciato la fede cristiana per motivi umani, terreni. Per questo motivo quando lo Spirito parlava la Parola era ricevuta da diversi fratelli carnali e, come sappiamo, c’è inimicizia tra lo Spirito e la carne. Questo è il motivo per cui nascono contese e divisioni

(I Corinzi 3:1-3) Ed io, fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo. V’ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate ancora da tanto; anzi, non lo siete neppure adesso, perché siete ancora carnali. Infatti, poiché v’è tra voi gelosia e contesa, non siete voi carnali, e non camminate voi secondo l’uomo?

Se la nostra condotta terrena non è alimentata dalla fede e dalla speranza della vita eterna ma da desideri diversi, prima o poi saremo assaliti dalla delusione e dallo scoraggiamento. Dipenderemo dalle circostanze e dagli umori e presto getteremo la spugna. La vita eterna deve essere l’obiettivo principale di ogni credente. Egli deve desiderarla, alimentarla e difenderla con tutte le sue forze

(Matteo 19:29) E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figliuoli, o campi per amor del mio nome, ne riceverà cento volte tanti, ed erediterà la vita eterna. (I Timoteo 6:12) Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna alla quale sei stato chiamato e in vista della quale facesti quella bella confessione in presenza di molti testimoni.

Riflessione: I servi di Dio non devono preoccuparsi principalmente della condizione economica, lavorativa e fisica della chiesa ma della sua salute spirituale. Essi devono accertarsi e fare il possibile di condurne molti (tutti, se possibile) ad ereditare la vita eterna. Tutto il resto sarà aggiunto in sovrabbondanza (Matteo 6:33).

MEDIANTE LA PREDICAZIONE, della Parola di Dio. Tutti gli altri strumenti sono ausiliari e devono sempre fare riferimento esplicito alla Parola. La Parola rivelata, ispirata ed insegnata dallo Spirito Santo. La Parola che illumina, guida, conforta ma anche compunge, esorta, riprende e disciplina la Chiesa. Essa deve essere predicata con l’unzione, la verità e la potenza dello Spirito Santo affinchè la fede dei credenti non si fondi su parole umane che, seppur eccellenti, non sono sufficienti a rigenerare lo spirito ma devono “dimostrare” la potenza di Dio in mezzo ad un popolo chiamato a santificazione

(I Corinzi 2:4-5) … e la mia parola e la mia predicazione non hanno consistito in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio.

Riflessione: La Parola di Dio dovrebbe essere di uso corrente nelle nostre abitudini quotidiane e finanche nel nostro parlare. Dovrebbe essere così presente da condizionare persino i nostri pensieri (per ottenere la mente di Cristo) e migliorare le nostre relazioni personali (Efesini 5:19) …parlandovi con salmi ed inni e canzoni spirituali, cantando e salmeggiando col cuor vostro al Signore. Facendo così otterremo il pari consentimento e non daremo spazio a spiriti seduttori.

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