CAPITOLO 4 – CONSEGUENZE DELLA REDENZIONE: LA SANTIFICAZIONE (cap. 2:11-15)

mappaIn questa sezione, prettamente dottrinale, l’Apostolo propone la base, il fondamento della nuova natura in Cristo: Salvati per grazia in virtù della fede in Cristo

(Romani 3:20) “… poiché per le opere della legge nessuno sarà giustificato al suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato”.

(Romani 3:23-24) “… difatti, tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù”.

Riflessione: In che modo Dio Padre poteva manifestare l’amore per la Sua creatura se non offrendo il meglio di Sé stesso? La donazione di un’altra creatura non avrebbe avuto lo stesso effetto di redenzione. Era necessario che il divino rivestisse la natura umana per soffrire e morire similmente, ma la morte e gli inferi non potevano trattenerlo (non avevano l’autorità) ed Egli si riprese la vita sconfiggendo la morte e la sua potenza. In tal modo, coloro che avranno creduto, saranno salvati, per grazia manifestata nella persona di Gesù il Cristo.

… È PER TUTTI (V. 11)

Questa estensione potrebbe avere un valore di poco conto per noi che viviamo nel XXI Secolo. L’uguaglianza tra le persone nei diritti e nei doveri, senza distinzione di sesso, razza, religione è oramai assodata ed è parte integrante della nostra cultura, in particolar modo occidentale. Ma ai tempi di Gesù le cose non stavano così. Oggi non esistono più servi, schiavi e padroni (per lo meno nella terminologia); non viviamo sotto il regime autoritario di monarchi e nemmeno la tirannia di popoli conquistatori. In quel tempo la differenza tra il ricco ed il povero era legittima e culturalmente accettata. Nel campo della religione, in particolare quella giudaica, la legittima eredità dava all’ebreo la licenza di sentirsi privilegiato nei confronti di altri di condizioni sociali inferiori (confronta parabola del Fariseo e del pubblicano – Luca 18:10-14). Si può facilmente comprendere le difficoltà dell’Apostolo (di Pietro e dei discepoli) ad introdurre una dottrina così rivoluzionaria. Ma le cose stanno così! La salvezza è per TUTTI coloro che per fede accettano e realizzano la misericordia di Dio   

(Giovanni 3:16-17) “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti, Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Riflessione: In ebraico misericordia è khesed e ha le sue radici nell’alleanza tra due parti e nella conseguente solidarietà di una parte verso quella in difficoltà.

Nel Nuovo Testamento la misericordia ha un diverso significato e si usano varie parole per definirlo: Misericordia è un sentimento generato dalla compassione per la miseria altrui (morale o spirituale). È una virtù morale tenuta in grande considerazione dall’etica cristiana e si concreta in opere di pietà.

In greco eleos indica il sentimento di intima commozione, la compassione, la pietà, il contrario dell’invidia per la fortuna del prossimo

Un altro termine usato nei Vangeli è oiktirmòs che indica con una sfumatura diversa il sentimento di compassione di fronte alle sventure del prossimo

La misericordia di Dio è stata dimostrata tramite la morte sulla croce di Gesù, acquistando a sé un popolo che non era il Suo popolo, ma lo ha fatto diventare una sua particolare proprietà (Efesini 1:14) … il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio s’è acquistati, a lode della sua gloria. Il prezzo che ha dovuto versare è il sangue di Suo Figlio tramite il quale ci vede puri ed immacolati, santificati nel Suo nome (v. 14 – confronta Ebrei 10:14).

LE CONSEGUENZE DELLA REDENZIONE (V. 12). Il fine di questa opera divina è:

  • Rinunciare all’empietà e alle passioni umane (Efesini 4:22) “… avete imparato, per quanto concerne la vostra condotta di prima, a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici” dalle quali nascono le tentazioni che ci inducono al peccato (Giacomo 1:14) “… ma ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo adesca”. La libertà prodotta da Cristo ci rende liberi dalla schiavitù del desiderio di peccare ma non ci rende insensibili alle nostre passioni. Per ottenere una totale vittoria dobbiamo “imparare a rinunciare”, ovvero è una ferma decisione di difendere la nostra condizione di liberi per poter …
  • Vivere in questo mondo moderatamente (Riveduta: temperatamente), giustamente e in modo santo (Riveduta: piamente). Ciò che avvelena l’anima dell’umanità è il senso di colpa prodotto dal peccato. Esso ci fa sentire indegni, incapaci, umilia e deprime la nostra esistenza. Cristo è morto per liberarci da questo “velo” che non ci permette di gioire completamente e abbondantemente la vita. La parola “allegrezza” si ripete ben 52 volte nel Nuovo Testamento (Riveduta) come ad indicarci quale stile di vita Dio desidera da noi. Gesù, con il Suo sacrificio la rende possibile, anzi va oltre ad ogni nostra aspettativa (Giovanni 15:11) “Queste cose vi ho detto, affinché la mia allegrezza dimori in voi, e la vostra allegrezza sia resa completa”.
  • Aspettando la (realizzazione della) beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù. Questa attesa non è monotona, priva di entusiasmo e neppure vuole essere un motivo di fuga dalla nostra (a volte) triste realtà. Vuole e deve essere desiderata, ricercata e custodita, nutrendo un sentimento di gioia al pensiero dell’incontro con lo Sposo.

Riflessione: Diamo brevemente uno sguardo alla parabola delle dieci vergini (Matteo 25:1-12). L’Evangelista ci informa che tutte uscirono ad incontrare lo sposo, ma per motivi non dichiarati (non dimentichiamoci che è una parabola finalizzata all’insegnamento) lo sposo ritarda (in occidente e ai tempi nostri è la sposa che solitamente ritarda). Notiamo che TUTTE le vergini ebbero la possibilità di prendere l’olio (vv. 3 e 4) ma cinque furono avvedute mentre le altre non se ne curarono. La grazia di Dio è per tutti, in egual misura, ma essa viene utilizzata in modi e misure diverse da ciascun credente. Non meravigliamoci, pertanto e per estensione, che alcuni credenti prosperano ed altri no. Immaginate di avere a disposizione un milione di euro da utilizzare secondo alcune regole ben precise. Alcuni iniziano a trafficare e a beneficarne mentre altri, per evitare fatica e responsabilità, vivono da poveri.

PARLA DI QUESTE COSE(v. 15), o meglio INSEGNA (Riveduta) con autorevolezza dell’unzione ricevuta e con l’autorità della Parola di Dio. Tito, nonostante la sua giovane età, non doveva vergognarsi di tale privilegio in quanto non presentava la sua persona ma l’opera di Cristo. Proprio per questo motivo nessuno doveva sprezzarlo, poiché non avrebbero sprezzato la persona ma Dio che gli aveva concesso il mandato. L’Apostolo Paolo ribadisce ripetutamente e con fermezza questo concetto relazionale tra fratelli poichè è consapevole dell’importanza della figura di colui che esercita il ministero (Ezechiele 34:5) “Ed esse (pecore), per mancanza di pastore, si sono disperse, son diventate pasto a tutte le fiere dei campi, e si sono disperse”.

Riflessione: Facciamo un salto indietro, al tempo del profeta Samuele (1 Samuele cap. 8). Il popolo d’Israele, volgendo lo sguardo verso altri popoli pagani, ritenne più conveniente essere sorretti da una monarchia che dicesse e promulgasse leggi da seguire (la libertà è un privilegio che non molti sanno gestire). Samuele, interpretando il pensiero di Dio, si rifiutò ma Dio volle soddisfare quella sconsiderata richiesta. Il popolo aveva bisogno di una lezione e Dio gliela diede. Samuele ritenne quella richiesta come un’offesa personale, in realtà il popolo non stava rigettando il profeta (l’unto) ma Dio stesso (I Samuele 8:7) “E l’Eterno disse a Samuele: “Da’ ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi hanno rigettato non te, ma me, perch’io non regni su di loro”.

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