2. IL MITTENTE E I SALUTI Cap. 1:1

GiacomIMM 2o, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo”. Quale migliore ed eloquente presentazione di un ministro di Dio! Egli si ritiene un servo, sebbene legato da un rapporto di parentela col Signore Gesù. Non avanza alcuna pretesa, mostra sottomissione e umiltà, un operaio al quale è stato affidato il compito di trasmettere il Messaggio alle “dodici tribù disperse nel mondo”. Si suppone che ai tempi di Giacomo circa quattro milioni di Giudei (di nazionalità) componevano la “diaspora”; l’Apostolo non si rivolge solo a loro, sebbene indichi il numero dodici, come totalità del popolo israelita. No, egli si rivolge ai Giudei-Cristiani che, iniziando dal giorno di Pentecoste, si erano convertiti all’Evangelo e che, a motivo di diverse persecuzioni, si erano rifugiati in tutte le parti del mondo. Un messaggio che non ha limiti di spazio, di tempo e di efficacia. Un messaggio che ha raggiunto anche la chiesa del XXI secolo. Un messaggio per tutti noi!

Giacomo si considera un servo non solo di Dio bensì anche di Gesù. Sarebbe grave interpretare questa distinzione come una diversità di persone, piuttosto come compendio della santa Trinità. Giacomo si rivolge a Dio Padre come Colui che genera ogni cosa e a Gesù Cristo come fautore dell’opera progettata dal Padre. Invero, anche se non palesemente, Giacomo riconosce nello Spirito Santo, Colui che abita in noi e ci brama fino alla gelosia (cap. 4:5). Quindi, Giacomo è servo di Dio, unico e trino, che si manifesta nelle persone del Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il saluto è semplice, conciso, schietto e senza preamboli (così come tutta l’epistola). Un saluto che lascia intravvedere non solo interesse alla salute etica e morale, soprattutto a quella spirituale.

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