8. DISCRIMINAZIONI E FAVORITISMI Capitolo 2:1-13

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In ogni società è sempre esistita e sempre esisterà la classificazione di genere, del povero e del ricco, del colto e del meno istruito. Differenze di provenienze geografiche, etnie, razza e persino economiche. In ogni società, antica o moderna che sia, professante una sorta di democrazia o socialista, è dominante la legge del forte sul debole, del potente sull’umile, del mito della popolarità sull’emarginato. I primi   attirano una sorta di naturale approvazione mentre gli altri, spesse volte, sono oggetto di discriminazione. L’Apostolo Giacomo esorta le chiese a praticare l’unità iniziando dalla considerazione spirituale di uno scambio di stima e rispetto reciproci, liberi dalle apparenze Matteo 22:16 E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone.

Per comprendere meglio questa sezione dell’epistola è bene conoscere alcuni aspetti sociali e, ancor più, la mentalità del “puro” Giudeo.

Ai tempi di Gesù queste differenze erano più marcate. In Israele, particolarmente in Gerusalemme, il divario tra il nobile e lo schiavo era particolarmente accentuato. Basti pensare che Gerusalemme, ai tempi di Giacomo, contava una popolazione di circa 10.000 abitanti. Il 5% era costituito da nobili e ricchi, il 10% era costituito da artigiani e piccoli professionisti che vivevano sulla soglia della povertà, e la stragrande maggioranza era rappresentata da schiavi e braccianti che non godeva di alcun diritto. La ricchezza era distribuita in modo sproporzionato, naturalmente a favore dei ricchi, nobili e … la casta sacerdotale. Il 5% godeva sfruttando il 95% mentre il restante 95% doveva accontentarsi del 5% della ricchezza totale. Anche sotto il profilo sociale e razziale, non si deve dimenticare, inoltre, che il Giudeo si riteneva per diritto ereditario dell’appartenenza al popolo eletto di Dio e guardava gli altri popoli dall’alto al basso (questo è uno dei motivi fondamentali della radice dell’antisemitismo e di odio nei confronti degli Ebrei). Essi si ritenevano superiori a tutto e a tutti e la discriminazione era nel loro Dna. Pertanto, l’esortazione di Giacomo ad una chiesa composta da Gentili e Giudei convertiti a Cristo, a non fare discriminazioni e favoritismi era del tutto giustificata. Giacomo richiama l’attenzione su ciò che avveniva nelle sinagoghe dove i posti migliori erano assegnati ai ricchi mentre i poveri dovevano assistere alle funzioni in piedi. Le cose cambiano all’interno delle Chiese cristiane Romani 10:12 Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano.

Nell’attuale moderna, occidentale società, le discriminazioni sono un po’ più velate ma esistono sempre e sono sempre praticate. Anche se non così marcate talvolta determinano la qualità della relazione interpersonale tra la gente. Così non sia nel nostro mezzo! Nelle Chiese cristiane l’amore di Dio dovrebbe essere così intenso e disinteressato da far superare ogni tipo di barriera discriminatoria. Gesù non ci giudica dalle apparenze ma guarda il nostro intimo, la nostra anima e noi dovremmo andare al di là di ciò che vediamo nel fratello. Il nostro rapporto deve essere libero da ogni giudizio tendenzioso (v. 1) ma applicato secondo il giusto giudizio di Dio Giovanni 7:24 Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con giusto giudizio.

Seppur con fini diversi Elihu, l’amico di Giobbe, espresse una grande verità rispetto al giudizio di Dio Giobbe 34:19 Egli (Dio) … non porta rispetto all’apparenza de’ grandi, e non considera il ricco più del povero, perché son tutti opera delle sue mani.

Anche il profeta Samuele dovette imparare a non giudicare dalle apparenze I Samuele 16:7 Ma l’Eterno disse a Samuele: “Non badare al suo aspetto né all’altezza della sua statura, perché io l’ho scartato; giacché l’Eterno non guarda a quello a cui guarda l’uomo: l’uomo riguarda all’apparenza, ma l’Eterno riguarda al cuore”.

Giacomo pone grande enfasi a evitare questa cattiva abitudine poiché è radice di divisioni e sette nell’ambito delle chiese locali. A Corinto era una pratica diffusa al punto che si erano creati dei “partiti” viscerali 1 Corinzi 3:4 Quando uno dice: Io son di Paolo; e un altro: Io son d’Apollo; non siete voi uomini carnali? E l’Apostolo Paolo è costretto a riprendere i suoi lettori Greci 1 Corinzi 3:8 Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa.

Anche tra i discepoli ci fu un tentativo di stabilire delle gerarchie con la pretesa di ricevere riconoscimenti umani Matteo 18:1 In quel mentre i discepoli s’accostarono a Gesù, dicendo: Chi è dunque il maggiore nel regno de’ cieli? Ecco la risposta di Gesù: Matteo 18:2-4 Ed egli, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità io vi dico: Se non mutate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete punto nel regno de’ cieli. Chi, pertanto, si abbasserà come questo piccolo fanciullo, è lui il maggiore nel regno de’ cieli.

Quindi, la logica biblica non corrisponde a quella umana. L’Apostolo Paolo la comprese e scelse di diventare un “piccolo fanciullo” 1 Corinzi 2:1-2 Quant’è a me, fratelli, quando venni a voi, non venni ad annunziarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. Dinanzi a Dio non vi è riguardo a persone Romani 2:9- Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco, perché presso Dio non c’è parzialità.

Quando nel v. 5 Giacomo accenna ad una “selezione” da parte di Dio del povero e del ricco, non intendeva sotto il profilo della posizione economica ma del carattere, dell’indole.

Non di meno, la Parola ci esorta a considerare la volontà di Dio per ognuno di noi all’interno di una Chiesa locale e per un piano spirituale universale che va al di là di ogni nostra opinione. Gesù aveva appena fatto intendere a Pietro di quale morte avrebbe glorificato Dio sarebbe dovuto morire mentre aveva un altro piano per il giovane Giovanni 21:19-23 Questo gli disse (Gesù a Pietro) per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo aggiunse: «Seguimi». Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?».

Non bisogna confondere la distinzione dei ruoli da un’apparente discriminazione; tutti noi siamo considerati uguali davanti a Dio ma con compiti e ruoli diversi. È lo Spirito santo che li determina per l’avanzamento del Suo Regno.

Per questo motivo si deve il rispetto, il timore e il riconoscimento a coloro che offrono un servizio a Dio. Onorare l’anziano in quantità doppia, specialmente colui che si affatica nell’insegnamento, non significa attribuirgli onorificenze o primati ma riconoscere e dare valore al ministero datogli da Gesù nell’esercizio della sua vocazione I Timoteo 5:17 Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento.

Nella chiesa deve regnare il rispetto e la stima di tutti, indipendentemente dall’appartenenza sociale, formazione culturale, prosperità, origine e carattere, poiché essi rappresentano il Corpo di Cristo 1 Corinzi 12:27 Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua. Come Cristo ci ha amati e ci ama per quello che siamo, anche noi dobbiamo imparare a stimarci allo stesso modo Efesini 2:4-5 Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore del quale ci ha amati, anche quand’eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (egli è per grazia che siete stati salvati). Quando adoriamo siamo una cosa sola. La lode del povero è uguale a quella del ricco, così come quella del colto e del meno colto.

Vegliamo sulle “simpatie” esagerate che ci legano ad alcuni a discapito di altri. Ciò non vuol dire che non possiamo nutrire simpatia per uno o più fratelli in particolare (ciò è naturale) ma dobbiamo evitare personalismi, favoritismi e discriminazioni. Questo potrebbe condizionarci quando siamo chiamati a valutare l’andamento della chiesa Deuteronomio 1:17 Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudicio appartiene a Dio; e le cause troppo difficili per voi le recherete a me, e io le udirò″.

Dobbiamo vedere i nostri fratelli come Cristo li vede, con i Suoi occhi, ascoltarli con le Sue orecchie, stringere le loro mani con le Sue mani, amarli con il Suo cuore. Indipendentemente dal ruolo assunto nell’amministrazione della chiesa, ognuno deve ricercare e alimentare l’unità nel rispetto e nella stima reciproca.

 

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