10. NON CONFIDARE NELLE RICCHEZZE DEL MONDO Capitolo 4:13-17 e 5:1-6

Amore per il denaroL’Apostolo insiste, con toni marcati ed esortativi, l’importanza di continuare a confidare nella provvidenza di Dio piuttosto che del mondo. Alcuni, sicuri della posizione sociale ed economica raggiunta, avevano iniziato ad attribuire il successo della loro prosperità alle loro capacità umane escludendo dai loro programmi la volontà di Dio e il disegno per loro tracciato. Essi facevano progetti per il loro futuro tralasciando la ricerca e l’approvazione di Dio come se fossero padroni del loro futuro (vv. 13 e 14).

Richiamando l’insegnamento dato da Gesù ad alcuni che Lo interrogavano, Giacomo esorta a non confidare nelle risorse umane che, proprio per la loro natura, sono incerte, illusorie e di breve e terrena durata Luca 12:16-21 E disse loro questa parabola: La campagna d’un certo uomo ricco fruttò copiosamente; ed egli ragionava così fra sé medesimo: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Questo farò: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all’anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quel che hai preparato, di chi sarà? Così è di chi tesoreggia per sé, e non è ricco in vista di Dio. Tale atteggiamento è pericoloso e porta l’uomo all’ansietà. Gesù, conoscitore della natura dell’uomo, esorta la Chiesa a non essere con ansietà solleciti di cosa alcuna, persino degli elementi primari, poiché Egli sa ciò di cui l’uomo necessita e provvede nella misura dei veri e reali bisogni Matteo 6:25 Perciò vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra di quel che mangerete o di quel che berrete; né per il vostro corpo di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Matteo 6:32-33 Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose, e il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte.

L’orgoglio porta l’uomo ad appropriarsi meriti che non gli competono vantandosi del successo talvolta ottenuto con le proprie presupposte energie. Giacomo paragona questo vanto come un vapore che dura un istante e poi svanisce (v. 14). Infatti, cos’è l’uomo dinanzi alla forza della natura? È il futuro nelle sue mani? Potrebbe mai ottenere la bellezza di un giglio e crescere come un filo d’erba senza l’intervento di Dio? Egli è solamente un “tratto di penna” nella storia dell’uomo, scritto per volontà di Dio. Giacomo afferma che tale arroganza porta ad un vanto cattivo che genera cattive conseguenze. Il re Nebucadnetsar fu colpito da una forma di licantropia (schizofrenia che porta il malato a credere di essere e a comportarsi come un animale). Re Erode Agrippa I fu roso dai vermi perché attirò l’attenzione del popolo che lo innalzavano come un dio (Atti 12:20-23). L’Apostolo termina questa sezione esortando queste persone a convertire la loro presunzione in carità e, avendone la possibilità e la capacità, a compiere opere di bontà. In tal modo diventano essi stessi strumenti usati da Dio per adempiere il piano disegnato a favore di quanti sono nel bisogno. Non ubbidire significa commettere peccato (v. 17).

Ora il tono di Giacomo da esortativo diventa minaccioso. Il confidare nelle proprie forze e impegnare tutte le energie nel tentativo di raggiungere e mantenere alcune posizioni, porta l’uomo all’insensibilità e allo sfruttamento del prossimo. Naturalmente, egli non condanna la ricchezza ma l’amore per la ricchezza e per il denaro. L’Apostolo Paolo, in sintonia con Giacomo, esclama: Poiché l’amor del danaro è radice d’ogni sorta di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si son trafitti di molti dolori (I Timoteo 6:10). Ne è esempio il giovane ricco che scelse i suoi agi a discapito della salvezza Matteo 19:22 Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò contristato, perché aveva di gran beni. L’amore per il denaro (non importa la quantità) conduce l’uomo a perdere persino la dignità. È il caso del servo del profeta Eliseo, Ghehazi. Costui, ritenendo la generosità del suo padrone inappropriata nei confronti del Siro Naaman, volle approfittarne per un utile proprio. La storia ci dice che non solo fu “licenziato” dal suo padrone, egli divenne lebbroso 2 Re 5:26-27 Ma Eliseo gli disse: “Il mio spirito non era egli là presente, quando quell’uomo si voltò e scese dal suo carro per venirti incontro? È forse questo il momento di prender danaro, di prender vesti, e uliveti e vigne, pecore e buoi, servi e serve? La lebbra di Naaman s’attaccherà perciò a te ed alla tua progenie in perpetuo”. E Ghehazi uscì dalla presenza di Eliseo, tutto lebbroso, bianco come la neve.

Gesù ci ammonisce a non tesoreggiare i beni di questo mondo, ovvero di non porre affidamento su quei beni effimeri che sono l’obiettivo dell’avidità di ladri e scassinatori Matteo 6:19-21 Non vi fate tesori sulla terra, ove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri sconficcano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, ove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sconficcano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, quivi sarà anche il tuo cuore. Basta a ciascun di noi il vivere una vita socialmente dignitosa ponendo la fiducia in Colui che provvede anche per i passeri del cielo e coltivando un sentimento di riconoscenza per ogni bene e benedizione ricevuta 1 Timoteo 6:6-9 Or la pietà con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno; poiché non abbiam portato nulla nel mondo, perché non ne possiamo neanche portar via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti. Ma quelli che vogliono arricchire cadono in tentazione, in laccio, e in molte insensate e funeste concupiscenze, che affondano gli uomini nella distruzione e nella perdizione. Giacomo è indignato per l’avidità di taluni datori di lavoro (probabilmente vi erano dei casi nelle chiese da lui curate) che non corrispondevano il giusto salario ai propri dipendenti. La Parola di Dio ci esorta a essere onesti nel rapporto di lavoro. Il dipendente (allora chiamato servo) deve eseguire i suoi doveri non solo per compiacere il proprio datore di lavoro ma come se stesse facendo la volontà di Dio (Efesi 6:5-8) mentre questi devono agire nei loro confronti con rispetto e corrispondendo un salario equo. Ai ricchi oppressori che trasgrediscono questo ordine sarà domandata ragione poiché le grida di quanti “hanno mietuto”, senza aver ricevuto un adeguato salario, sono udite da Dio il quale a suo tempo farà giustizia vv. 4 e 5. È lecito, persino doveroso, cercare e impegnarsi per una progressiva prosperità ma la Parola ci esorta a non porvi il cuore e di permettere allo Spirito Santo di ammaestrarci ad essere contenti nella situazione in cui ci troviamo (Filippesi 4:11).

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