6. DANNI CAUSATI DA UNA LINGUA (TROPPO) LIBERALE – Cap. 1:19-21 e Cap. 3:1-12

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Conosciamo l’atteggiamento pragmatico e realistico di Giacomo, specialmente quando si tratta di compiere e portare a termine il servizio a Dio. In questi versi l’Apostolo tende a combattere l’ipocrisia di chi vuole fare il “maestro” a danno degli altri e l’importanza di vivere eticamente la fede in Gesù. Era attitudine peculiare delle autorità religiose dell’epoca ostentare una conoscenza scritturale per attirare su di sé il rispetto del popolo. Gesù, in più riprese, esortava i Suoi discepoli dal guardarsi dal lievito dei Farisei Matteo 23:5-8 Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; difatti allargano le lor filatterie ed allungano le frange de’ mantelli; ed amano i primi posti ne’ conviti e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze e d’esser chiamati dalla gente: “Maestro!”. Ma voi non vi fate chiamar “Maestro”, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli.

Era anche tipico del carattere curioso dei Greci, sempre alla ricerca di ciò che era apparente e superficiale I Corinzi 1:22-25 Poiché i Giudei chiedono de’ miracoli, e i Greci cercano sapienza; ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia; ma per quelli i quali son chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più savia degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Nelle pagine precedenti abbiamo imparato l’importanza di controllare le nostre passioni. Ora Giacomo ci esorta a saper dirigere la nostra “lingua” che potrebbe essere causa di sofferenza e, a volte, molte guerre intestinali. Anche l’Apostolo Paolo, conoscendo la natura umana, sapeva che, talvolta, possiamo farci prendere da sentimenti contrastanti ma ci esorta a non peccare Efesini 4:26 Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra il vostro cruccio. Molte contese sono causate da incomprensioni e fraintendimenti, specialmente quando i discorsi sono accompagnati da toni di sfida e tendenti a imporre una certa sopraffazione. Il consiglio perentorio di Giacomo è: Impara ad ascoltare prima di parlare.

È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio

(Joseph Antoine Dinouart, L’arte di tacere, 1771).

Talvolta si è così precipitosi che emettiamo sentenze prima ancora di conoscere le motivazioni. Se imparassimo ad ascoltare fino in fondo e ci sforzassimo a comprendere (e saper leggere, identificare lo spirito) ciò che ci viene detto, saremmo in grado di riconoscere la natura dei sentimenti e ciò che spinge il nostro interlocutore a parlare in quel modo; eviteremmo, così, gran numero di dissensi e divergenze. Alcuni credenti hanno deciso di non manifestarsi per paura del giudizio e della critica; non parlano perché hanno perso (o non hanno mai trovato) il beneficio della comunione fraterna. Impariamo l’arte del parlare e dell’ascoltare.

L’esortazione dell’Apostolo tende a saper controllare l’uso della lingua e di non ergersi a maestri seduti su una cattedra a giudicare quanti non la pensano come noi. Dio elargisce i Suoi doni nella misura di quanto un vaso può contenere. Ciò non significa che non dobbiamo istruire ma che sia fatto con umiltà, ricercando il bene e l’emancipazione di quanti vengono istruiti Marco 10:43-45 Ma non è così tra voi; anzi chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque fra voi vorrà esser primo, sarà servo di tutti. Poiché anche il Figliuol dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di riscatto per molti.

Altra deleteria conseguenza a quanti giudicano con asprezza, è la presunzione di essere migliori. A volte si è severi con quanti commettono anche il minimo errore ma si è  tolleranti con le proprie lacune Matteo 7:3-5 E perché guardi tu il bruscolo che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo?  Ovvero, come potrai tu dire a tuo fratello: Lascia ch’io ti tragga dall’occhio il bruscolo, mentre ecco la trave è nell’occhio tuo? Ipocrita, trai prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per trarre il bruscolo dall’occhio di tuo fratello.

Giacomo fa riferimento alla “lingua” – un piccolo strumento posto tra le nostre membra – tanto efficace quanto distruttivo. Con esso benediciamo Dio e allo stesso tempo malediciamo il nostro prossimo. L’esortazione è forte e perentoria: Sappiate controllare la lingua! Benché sia difficile è possibile poterla controllare, con l’aiuto dello Spirito Santo. L’Apostolo la paragona al freno dei cavalli e a un timone che, sebbene piccolo, è capace di governare una nave. È anche una piccola fiammella che può divampare e bruciare una foresta intera. Con essa possiamo incoraggiare o demolire, giustificare o condannare, risollevare o uccidere. Dio ha dato a tutti la “lingua” per esprimersi ma la differenza consiste nella capacità di usarla nel modo adeguato.

Ma, tale responsabilità è di totale competenza dell’uomo? Può mai l’uomo carnale avere il controllo della sua “lingua”? Giacomo usa la metafora della sorgente (cap.3:11,12) dalla quale non può scaturire contestualmente acqua amara e salata e acqua dolce; ovvero di un albero di fico che non può produrre olive o una vite fichi. Quindi, non si tratta dello strumento ma della sorgente, dal ceppo, dalla radice. È un problema spirituale, dell’anima! Per emettere acqua dolce dobbiamo verificare la sorgente dalla quale proviene e, nel caso, bonificarla. Lo Spirito Santo vuole fare questa opera nel nostro cuore, vuole togliere l’amaro, il salato per farci diventare una fonte d’acqua viva che scaturisce in vita eterna Giovanni 4:14 … ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna.

Desidero suggerire una sorta di vademecum morfologico che ci aiuta a distinguere l’attività negativa della “lingua”:

  • CRITICA: analizzare, esaminare, giudicare, vagliare, valutare. L’Apostolo Paolo ci esorta ad astenerci dalla critica/giudizio superficiale Romani 2:1 Perciò, o uomo, chiunque tu sii che giudichi, sei inescusabile; poiché nel giudicare gli altri, tu condanni te stesso; poiché tu che giudichi, fai le medesime cose. E, allo stesso tempo ci responsabilizza in quanto dobbiamo esercitare tale facoltà al fine di far emergere la verità I Corinzi 6:3 Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare delle cose di questa vita.
  • MALDICENZA: Parlare male del prossimo (di solito alle spalle). Attività malefica e peccaminosa tendente a discreditare gli altri al fine di apparire uguale o migliore della persona di cui si parla Efesini 4:29 Niuna mala parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete alcuna buona che edifichi, secondo il bisogno, ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta.
  • DIFFAMAZIONE: Creare agli occhi degli altri una cattiva reputazione diffondendo notizie disonorevoli Filippesi 2:3 … non facendo nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascun di voi, con umiltà, stimando altrui da più di sé stesso.
  • CALUNNIA: Inventare, situazioni e circostanze non vere, diffondere o sostenere una diffamazione a danno di qualcuno (anche Gesù ne fu vittima) Marco 3:22 È fuori di sé. E gli scribi, ch’eran discesi da Gerusalemme, dicevano: Egli ha Beelzebub, ed è per l’aiuto del principe dei demonî, ch’ei caccia i demonî.

Desidero riportare alcune norme di legge dello Stato italiano:

Commette il reato di ingiuria (art. 594 c.p.) chi offende l’onore o il decoro di una persona presente, ed è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a € 516,46.

Commette invece il reato di diffamazione (art. 595 c.p.) chi offende l’altrui reputazione in assenza della persona offesa. In questo caso la pena è della reclusione fino ad un anno e della multa fino a € 1032,91.

Dall’ingiuria e dalla diffamazione deve distinguersi il reato di calunnia (art. 368 c.p.) che si ha quando taluno incolpa di un reato una persona che egli sa essere innocente, oppure simula a carico di una persona le tracce di un reato. Per il reato di calunnia la pena è della reclusione da due a sei anni, salvo i casi di aggravante.

Se l’uomo (la Legge umana) che non ha lo Spirito di Dio è in grado di determinare la gravità delle conseguenze derivanti dai già indicati atteggiamenti, quanto più il credente (che si suppone nato di nuovo) deve astenersi da tali pratiche 1 Giovanni 1:5-7 Or questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: che Dio è luce, e che in Lui non vi son tenebre alcune. Se diciamo che abbiam comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità; ma se camminiamo nella luce, com’Egli è nella luce, abbiam comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato.

Ognuno di noi ha un concetto personale della Chiesa, frutto del sacrificio di Gesù, ma tutti dovremmo attenerci a come Dio la considera: Salmo 16:3 “Quanto ai santi che son sulla terra, essi sono la gente onorata in cui ripongo tutto il mio affetto”,

e ancora Salmo 15:1-3 “O Signore, chi dimorerà nella tua tenda? Chi abiterà sul tuo monte santo? Colui che è puro di cuore e agisce con giustizia e dice la verità come l’ha nel cuore; che non calunnia con la lingua né fa male alcuno al suo vicino, né insulta il suo prossimo”

Il compito di ciascun credente, nato di nuovo, non consiste nel discutere opinioni ma di attenersi alla verità, allo Spirito e all’etica della Parola. Impariamo a stimarci e a cogliere l’occasione di crescita nelle nostre diversità al fine di collaborare per l’unità della Chiesa, il Corpo di Cristo.

Efesini 4:31 Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria!

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