L’epistola riflette il carattere di un pastore che ama la Chiesa. L’amore dell’Apostolo traspira da ogni parola scritta, negli incoraggiamenti, insegnamenti, esortazioni ed anche nelle riprensioni; Si, perché chi ama dice sempre la verità anche se essa inizialmente è scomoda, crudele. Qualcuno ha detto a proposito del cuore di una mamma: “E’ bene che pianga un figlio quando è piccolo che una mamma quando egli è grande”. Le affermazioni di Giacomo ci hanno lasciati senza difesa, sono penetrate sino alle midolla delle nostre ossa ma ci hanno anche mostrato il modello perfetto al quale dobbiamo mirare. Naturalmente non riusciremo mai ad essere come il nostro Maestro ma questo non deve impedirci, almeno di provarci. Dio benedica la Sua Chiesa. Oggi, più che mai, Ella ha bisogno di uomini e donne di Dio coraggiosi e santificati che praticano e proclamano la verità, attraverso la quale essi stessi potranno continuare nella Verità.
Approfondimenti
12. ULTIME RACCOMANDAZIONI (seconda parte) Capitolo 5:7-20
SOPPORTARE LA SOFFERENZA (vv. 7-11). Che ci piaccia o no, quando Dio permette l’afflizione nella nostra vita, siamo costretti a sopportarla. Non abbiamo scelta! Anche se a volte non siamo responsabili delle nostre sofferenze, siamo sempre responsabili delle nostre reazioni. L’Apostolo Giacomo ci esorta non solo a non accettare passivamente la sofferenza, come se fosse un danno irreversibile ed infruttuoso, bensì a considerarla come uno strumento di edificazione spirituale al fine di sviluppare e mantenere ciò che spesse volte manca: la pazienza. La parola pazienza ha origine dal latino volgare patire e dal greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale. La pazienza è la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento neutro. La pazienza è una qualità e un atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, la morte, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività, perseverando nelle azioni e, soprattutto, confidare nell’amore di Dio. È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta nel fare un’opera o una qualsiasi impresa. Quanto spesso perdiamo le staffe dinanzi le divergenze e le difficoltà! La sofferenza è un efficace strumento che ci aiuta ad ottenerla. L’Apostolo Pietro, di pari consentimento, la elenca tra le “conquiste” spirituali che ogni cristiano dovrebbe procacciare e realizzare II Pietro 1:5-7 … voi, per questa stessa ragione, mettendo in ciò dal canto vostro ogni premura, aggiungete alla fede vostra la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza la continenza; alla continenza la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’amor fraterno; e all’amor fraterno la carità, mentre l’Apostolo Paolo la cita come un elemento del frutto dello Spirito Santo Galati 5:22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo e un “capo di abbigliamento” che serve a rivestire la nostra nuova natura Colossesi 3:12 Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. La mancanza di pazienza è, talvolta, origine di malintesi e contese. Essere reattivi ad ogni contrarietà non ci permette di valutare con obiettività il problema, rischiando di fraintendere le parole e incrinare un rapporto (v. 9). Molto probabilmente l’Apostolo fu testimone di qualche contesa tra fratelli causata da troppo zelo. Prima di parlare dovremmo riflettere con attenzione alle reazioni e prima di reagire dovremmo assicurarci di aver compreso bene sia le parole udite sia i contenuti e lo “spirito” con cui sono stati esposti. È bene “pesare” le parole ma è anche bene non essere troppo permalosi e suscettibili. Quindi, pazienti nelle relazioni personali, nei confronti della vita in generale e, soprattutto, pazienti nell’attesa del ritorno di Gesù. Giacomo usa la metafora dell’agricoltore che, dopo aver fatto tutto ciò che gli compete, non può far altro che aspettare che il seme muoia e porti il suo frutto nella stagione giusta I Corinzi 3:6-7 Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere; talché né colui che pianta né colui che annaffia sono alcun che, ma Iddio che fa crescere, è tutto. Nell’attesa dobbiamo assicurarci di fare continuamente il nostro dovere e farci trovare pronti per l’arrivo dello Sposo. I tempi del Suo ritorno sono conosciuti solo dal Padre, a noi il dovere di vegliare. Quest’attesa potrebbe sembrare inutile, in realtà è dimostrazione di fiducia nell’opera e nella misericordia di Dio il quale, a suo tempo ce ne darà la giusta ricompensa (v. 11) e di misericordia per quanti sono sulla via della salvazione II Pietro 3:9 Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni reputano che faccia; ma egli è paziente verso voi, non volendo che alcuni periscano, ma che tutti giungano a ravvedersi.
DELLE RELAZIONI TRA FRATELLI (V. 16; 19-20) L’essere “comunità” implica anche la convivenza con persone di qualità diverse nel carattere, moralità, estrazione sociale, cultura e maturità spirituale. Alcuni sono meravigliosamente proiettati al raggiungimento della perfezione spirituale ottenendo vittorie e soddisfazioni nel Signore. Vi sono i deboli che vogliono crescere e quelli che non vogliono crescere. Vi sono, ahimè, anche altri che continuano a “zoppicare” e che rallentano la crescita della chiesa II Timoteo 2:20 In una grande casa non ci sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche vasi di legno e di terra; e gli uni sono destinati a un uso nobile e gli altri a un uso ignobile. Il “forte” non è autorizzato a giudicare ma a pregare per i deboli e a vegliare affinché egli stesso non sia soggetto a cadute Romani 14:4 Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone, ma egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in piedi. L’Apostolo Giacomo invita la Chiesa ad esercitare la misericordia e la tolleranza verso costoro e a essere un esempio Tito 2:7 presentando te stesso in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell’insegnamento integrità, dignità,
La parola “stolto” è citata ben 74 volte nella Bibbia (versione N.R.) ed è paragonato a colui che è schiavo del peccato e non ha alcuna possibilità di uscirne fuori se non con l’intervento dello Spirito Santo. Per costoro la riprensione ha poco effetto Proverbi 10:8 Chi ha il cuore saggio accetta i precetti, ma chi ha le labbra stolte va in rovina; pertanto, l’unica azione possibile ed efficace è la preghiera e la testimonianza. Tolleranza, però, non significa complicità o attenersi ad un comportamento di compromessi. Chi pecca deve sapere che non è approvato da Dio e nemmeno dalla Chiesa I Corinzi 5:11 … ma quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale non dovete neppur mangiare, ed ancora I Timoteo 5:22 Non imporre con precipitazione le mani ad alcuno, e non partecipare ai peccati altrui; conservati puro. Pertanto, vegliando sulla nostra condotta e pregando per coloro che vivono ancora nelle tenebre parziali, possiamo essere strumenti validi per la loro conversione e salvezza della loro anima. Ciascuno di noi è guardiano del proprio fratello e non siamo chiamati a giudicarci ma ad amarci pur rimanendo integri nella santità.
11. ULTIME RACCOMANDAZIONI (prima parte) Capitolo 5:7-20
- Ed eccoci giunti alla conclusione della lettera! Sino alle fine l’Apostolo mantiene il carattere pastorale. Senza retoriche e con la schiettezza che contraddistingue il suo scritto si appresta a salutare i suoi lettori dedicando loro altre raccomandazioni. La chiusa si articola in quattro argomenti di perenne attualità.
- NON GIURARE (v. 12) per avallare una tesi che si vuole sostenere. Il giuramento ha valore nella misura della stima e integrità di colui che giura. Nell’Antico Testamento, a causa della debolezza mentale e spirituale e per rafforzare la fede del popolo, Dio faceva promesse con giuramento, talvolta sul suo stesso santo nome (vedi Isaia 54:9; Geremia 22:5; 44:26; 49:13). Egli ipotecava il Suo buon nome per garantire la promessa ma, Dio è Dio e sappiamo che nulla può impedire la Sua volontà. Il giuramento è l’espressione perentoria di una verità, di una promessa; per questo motivo Gesù ci esorta a non “giurare” e fare promesse che non sempre siamo in grado di mantenere. Nel tentativo di avvalorare il giuramento, chiamiamo in causa persone, situazioni, affetti e condizioni di particolare interesse come se fossimo padroni ed arbitri della nostra vita Matteo 23:20-22 Chi dunque giura per l’altare, giura per esso e per tutto quel che c’è sopra; e chi giura per il tempio, giura per esso e per Colui che l’abita; e chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra. La dignità cristiana dovrebbe indurci ad un comportamento affidabile e le promesse che facciamo devono essere mantenute. Dovremmo essere considerati persone d’onore la cui parola ha ancora un grande valore (vedi Ruth 4:7,8). Giacomo sintetizza il vero significato dell’atto del giurare con l’espressione di un semplice “sì” oppure “no”, aggiungere altre parole nel tentativo di convincere ci fa incappare nel giudizio ed è un’azione che procede dal maligno Matteo 5:37 Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; poiché il di più vien dal maligno.
- L’EFFICACIA DELLA PREGHIERA COMUNITARIA (vv. 13-18) È uno dei privilegi di appartenere alla famiglia di Dio. Ciascuno di noi porta il proprio fardello, talvolta è leggero ma altra volta è pesante. Nella e per la nostra debole umanità, sentiamo la necessità di condividere con altri sia la gioia che la sofferenza (v. 13). Poiché non siamo stati creati come delle isole per vivere nella nostra solitudine, dobbiamo portare i pesi gli uni degli altri ed altresì gioire e festeggiare insieme ad alcuni di animo lieto Galati 6:2 Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo. Il mezzo che lo Spirito Santo ci mette a disposizione è la preghiera che sale al trono della grazia di Dio, sulle ali della nostra fede. Molto probabilmente Pietro rimase alquanto perplesso quando, liberato miracolosamente dai ceppi e dal carcere, fu lasciato fuori la porta a motivo dell’incredulità della fanciulla Rode e dei fratelli ma, vedendoli riuniti realizzò l’efficacia della preghiera Atti 12:13-14 E avendo Pietro picchiato all’uscio del vestibolo, una serva, chiamata Rode venne ad ascoltare; e riconosciuta la voce di Pietro, per l’allegrezza non aprì l’uscio, ma corse dentro ad annunziare che Pietro stava davanti alla porta Gli infermi della chiesa si possono affidare con fiducia alla cura degli anziani i quali, esercitando la comune fede (rafforzata dal simbolo dell’olio) pregheranno per loro per una totale guarigione. Or Colui che ha cura del corpo ha cura anche dell’anima e, come successe al paralitico calato dal soffitto dai quattro amici, il malato, sul quale fu pregato, venne ristabilito nel fisico e ottenne il perdono dei peccati. Luca 5:24 Ora, affinché sappiate che il Figliuol dell’uomo ha sulla terra autorità di rimettere i peccati: Io tel dico (disse al paralitico), lèvati, togli il tuo lettuccio e vattene a casa tua, Qui, l’Apostolo usa una contrazione lessicale in quanto omette e sottintende che colui che ha commesso peccato riceverà la remissione, a condizione, però, che lo confessi dinanzi a Dio. La fede si scontra sempre con l’incredulità; è un continuo confronto che mette in evidenza la reale fiducia posta nelle capacità e fedeltà di Dio. Giacomo prende ad esempio il profeta Elia (v. 17) il quale si trovava nelle nostre stesse condizioni quando sfidò i profeti di Baal e di Astarte I Re 18:37 Rispondimi, o Eterno, rispondimi, affinché questo popolo riconosca che tu, o Eterno, sei Dio, e che tu sei quegli che converte il cuor loro!”. Chi poteva garantirgli che Dio avrebbe risposto alla sua preghiera? E poi, era veramente la Sua volontà? Elia osò e fu esaudito perché non si soffermò a valutare i suoi limiti ma ebbe fiducia in Colui che può ogni cosa Marco 9:23 E Gesú: “Dici: Se puoi! Ogni cosa è possibile per chi crede”. Coloro che vivono lontani (non solo fisicamente) dalla Chiesa si privano di una maggiore possibilità di essere esauditi perché la preghiera del giusto è efficace (v. 16).
10. NON CONFIDARE NELLE RICCHEZZE DEL MONDO Capitolo 4:13-17 e 5:1-6
L’Apostolo insiste, con toni marcati ed esortativi, l’importanza di continuare a confidare nella provvidenza di Dio piuttosto che del mondo. Alcuni, sicuri della posizione sociale ed economica raggiunta, avevano iniziato ad attribuire il successo della loro prosperità alle loro capacità umane escludendo dai loro programmi la volontà di Dio e il disegno per loro tracciato. Essi facevano progetti per il loro futuro tralasciando la ricerca e l’approvazione di Dio come se fossero padroni del loro futuro (vv. 13 e 14).
9. INVIDIA E AMORE PER IL MONDO, CAUSA DI CONTESE Capitolo 3:13- 18 e 4:1-10
In questa sezione l’Apostolo tratta due argomenti che spesso sono causa di contesa e di guerre intestinali tra credenti: L’invidia e l’amore per il mondo. Entrambi sono cattive radici che generano alla chiesa “piccole volpi che guastano la vigna” Cantico dei Cantici 2:15 Pigliateci le volpi, le volpicine che guastano le vigne, poiché le nostre vigne sono in fiore! Egli, con grande rammarico, evidenzia lo stato morale in cui versavano alcune comunità giudaiche-cristiane, In contrasto con la sapienza che proviene dall’alto che è pacifica, mite, arrendevole e piena di misericordia (3:17).
8. DISCRIMINAZIONI E FAVORITISMI Capitolo 2:1-13
In ogni società è sempre esistita e sempre esisterà la classificazione di genere, del povero e del ricco, del colto e del meno istruito. Differenze di provenienze geografiche, etnie, razza e persino economiche. In ogni società, antica o moderna che sia, professante una sorta di democrazia o socialista, è dominante la legge del forte sul debole, del potente sull’umile, del mito della popolarità sull’emarginato. I primi attirano una sorta di naturale approvazione mentre gli altri, spesse volte, sono oggetto di discriminazione. L’Apostolo Giacomo esorta le chiese a praticare l’unità iniziando dalla considerazione spirituale di uno scambio di stima e rispetto reciproci, liberi dalle apparenze Matteo 22:16 E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone.
7. FACITORE O SEMPLICE UDITORE? Cap. 1:22-25; Cap. 2:14-26
In questa sezione, l’Apostolo Giacomo apre un argomento abilmente speculato da alcune religioni che pretendono di conquistare la vita eterna con le opere meritorie “Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore (cap. 2:20)?” Quest’affermazione, a chi superficialmente vuole sostenere tale teoria, sembra dargli ragione. In realtà non annulla l’efficacia della fede ai fini della salvezza ma che senza le opere la fede risulta vuota, senza alcun effetto nella vita quotidiana. Infatti, Giacomo nel v. 25, riferito a colui che non è solo uditore bensì facitore, lo definisce “beato NEL suo operare e non PER il suo operare”, ovvero, trova la felicità e la conferma della vita eterna in quanto la realizza NEL suo quotidiano.
6. DANNI CAUSATI DA UNA LINGUA (TROPPO) LIBERALE – Cap. 1:19-21 e Cap. 3:1-12
Conosciamo l’atteggiamento pragmatico e realistico di Giacomo, specialmente quando si tratta di compiere e portare a termine il servizio a Dio. In questi versi l’Apostolo tende a combattere l’ipocrisia di chi vuole fare il “maestro” a danno degli altri e l’importanza di vivere eticamente la fede in Gesù. Era attitudine peculiare delle autorità religiose dell’epoca ostentare una conoscenza scritturale per attirare su di sé il rispetto del popolo. Gesù, in più riprese, esortava i Suoi discepoli dal guardarsi dal lievito dei Farisei Matteo 23:5-8 Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; difatti allargano le lor filatterie ed allungano le frange de’ mantelli; ed amano i primi posti ne’ conviti e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze e d’esser chiamati dalla gente: “Maestro!”. Ma voi non vi fate chiamar “Maestro”, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli.
5. LA TENTAZIONE Cap. 1:13-15
DEFINIZIONE E ORIGINE
Dopo aver considerato l’utilità di essere condotti dalla sapienza che viene dall’Alto, ora l’Apostolo si accinge a mostrare quali siano i pericoli che provengono dall’interno della nostra sfera spirituale ovvero gli attacchi del nemico che agisce sulle nostre passioni, sui sentimenti, desideri e voluttà (piacere intenso e predominante che si prova nella soddisfazione degli impulsi e dei desideri). Mentre la prova ha lo scopo di rafforzare la fede del Cristiano, la tentazione tende a indebolirla per farlo ritornare sotto il dominio del peccato dal quale era stato affrancato.
4. LA SAPIENZA CHE GIUNGE DALL’ALTO – Cap. 1:5-8
Prima di tutto dobbiamo chiederci cosa è la sapienza e, soprattutto, il valore attribuitole dalla Parola di Dio. Dal vocabolario Treccani leggiamo: “Condizione di perfezione intellettuale che si manifesta col possesso di grande conoscenza e dottrina”, ovvero, per quanto più strettamente ci riguarda e con senso più ampio, “dote, oltre che intellettuale, anche spirituale e morale, intesa come saggezza unita a oculato discernimento nel giudicare e nell’operare, sia sul piano etico, sia sul piano della vita pratica”.