
Il Re Dei Re

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La prima sensazione generata dal primo versetto del nostro testo, avvertita dal lettore poco pratico delle Scritture e delle responsabilità affidate ai ministri, potrebbe essere: “E’ legittimo per un pastore entrare nella vita quotidiana dei credenti?” o ancora: “Non è forse responsabilità del singolo credente gestire la propria vita come meglio crede?”
Il dovere di un buon pastore è di prendersi cura dei fedeli che gli sono stati “affidati” dal Signore; il suo dovere non termina con la predicazione dal pulpito ma continua con l’esempio personale e l’esortazione proveniente dall’autorevolezza della Parola. Egli deve condurre la sua greggia “lungo le acque chete” ma anche “sui sentieri di giustizia” (Salmo 23:3), deve vegliare affinché la buona testimonianza dei suoi fratelli si manifesti anche nell’ambito sociale e famigliare. Una cattiva testimonianza del singolo non solo è dannosa alla persona ma inevitabilmente mortifica la moralità della chiesa e l’opera dello Spirito Santo
In questa sezione, prettamente dottrinale, l’Apostolo propone la base, il fondamento della nuova natura in Cristo: Salvati per grazia in virtù della fede in Cristo
(Romani 3:20) “… poiché per le opere della legge nessuno sarà giustificato al suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato”.
(Romani 3:23-24) “… difatti, tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù”.
Sino a questo punto la fatica dell’Apostolo era concentrata a “riparare le brecce” che si erano create nelle chiese, ora punta a costruire e a edificare.
Riflessione: Come saggi architetti, i ministri di Dio devono individuare i punti pericolanti dell’edificio e provvedere alla loro restaurazione, dopo di che devono riprendere a costruire, a volte anche sulle macerie.
L’Apostolo, dopo aver dedicato ampio spazio all’esortazione dei servi (vescovi e diaconi), ora chiama in causa tutti i protagonisti di quest’opera (e non semplici spettatori), responsabilizzandoli, ciascuno per la propria parte. Inizia con:
CONDIZIONE DELLE CHIESE CRETESI: Nei vv 10-12 e 16 l’Apostolo calca severamente la mano denunciando una condizione che non fa onore ad una chiesa di Dio. La sua severità nasce da una santa gelosia per l’opera del Signore poiché il comportamento di quei credenti offendeva la dignità delle Chiese e rifletteva un’immagine negativa di Cristo e dello Spirito Santo.
Riflessione: Coloro che amano sinceramente l’opera del Signore si sentiranno personalmente coinvolti nella difesa dell’Evangelo e, come buoni soldati, impiegheranno tutte le loro risorse affinchè il nome di Dio non sia infangato. Per questo motivo, talvolta, bisogna avere il coraggio di contrastare il dilagare del malcostume … a qualsiasi costo.
Il destinatario della lettera è Tito, nominato come “figlio legittimo, figlio genuino” in quanto frutto del lavoro evangelistico dell’Apostolo Paolo. Paolo era affettivamente legato a Tito per il suo carattere fermo e nello stesso tempo docile. Tito era affidabile, coraggioso, pieno d’amore per Gesù e per la Chiesa. Molto simile al giovane Timoteo, egli risulterà un leale collaboratore di Paolo tanto da essere incaricato a mettere ordine nelle Chiese cretesi. Era un pagano di origine greca e si suppone che avesse incontrato Paolo ad Antiochia, dove soggiornò per un intero anno
(Atti 11:25-26) Poi Barnaba se ne andò a Tarso, a cercar Saulo; e avendolo trovato, lo condusse ad Antiochia. E avvenne che per lo spazio d’un anno intero parteciparono alle raunanze della chiesa, ed ammaestrarono un gran popolo, e fu in Antiochia che per la prima volta i discepoli furon chiamati Cristiani.
Due semi si trovavano fianco a fianco nel fertile terreno autunnale.
Il primo seme disse: ” Voglio crescere! Voglio spingere le mie radici in profondità nel terreno sotto di me e fare spuntare i miei germogli sopra la crosta della terra sopra di me…
Voglio dispiegare le mie gemme tenere come bandiere per annunciare l’arrivo della primavera…
Voglio sentire il calore del sole sul mio volto e la benedizione della rugiada mattutina sui miei petali!”.
E crebbe.
Un piccolo ragnetto, portato dal vento, approdò sulla cima di un albero. Ma quel luogo non era adatto e discese su una grande siepe spinosa. Qui c’erano rami e germogli in abbondanza per tesservi una tela.
E il ragno si mise subito al lavoro, lasciando che il filo, lungo il quale era disceso reggesse la punta superiore della ragnatela. Filo dopo filo, nodo dopo nodo, la tela del ragnetto si fece bellissima.